Nella Chiesa, e in un certo senso nella società in generale, il termine «pianificazione» è diventato una sorta di parola d’ordine, ma questo vocabolo e la sua messa in pratica hanno anche provocato controversie e divisioni. Da qui sorgono alcune domande fondamentali, tra cui: che senso ha la pianificazione in un contesto in cui facciamo affidamento sullo Spirito Santo, che «soffia dove vuole» (Gv 3,8)? Fino a che punto possiamo farci condurre dalla ragione umana, dati i nostri difetti e la nostra inclinazione al peccato? E se guardiamo a com’è il mondo in questo momento, il cosiddetto «ambiente Vuca»[1], possiamo davvero metterci a pianificare?
Un’altra questione riguarda le particolari caratteristiche dell’era tecnocratica, che tiene in scarso conto la dimensione affettiva, la sapienza e l’intuito interiore. Al riguardo, commenta Christina Kheng, docente di Leadership pastorale all’East Asian Pastoral Institute di Manila: «La pratica attuale della pianificazione strategica spesso gravita attorno a ciò che è quantificabile, stereotipato, inequivocabile e controllabile. A volte il processo intrapreso ha connotati meccanici, burocratici e superficiali, è carente di un dialogo reale, di riflessione critica o pensiero strategico […]. Nel contesto dell’era digitale, c’è il rischio che queste tendenze aumentino ulteriormente»[2].
A partire da queste premesse, possiamo certamente dire che il genere di pianificazione che facciamo nella Chiesa dev’essere radicalmente diverso da quello che viene praticato negli ambienti aziendali, soprattutto in quelli che sono dominati da un modello tecnocratico. Papa Francesco lo ha evidenziato e si è mostrato molto scettico nei confronti di una pianificazione dominata da certe ideologie: «Siamo caduti, in questi casi, nella dittatura del funzionalismo. È una nuova colonizzazione ideologica che cerca di convincere che il Vangelo è una saggezza, è una dottrina, ma non è un annuncio, non è un kerygma»[3].
La nostra guida è lo Spirito Santo, ed è quello Spirito, dice papa Francesco, che sconvolge i nostri piani e li reindirizza: «Ci vuole lo Spirito Santo; e lo Spirito Santo dà un calcio al tavolo, lo butta e incomincia daccapo». Francesco afferma che per ascoltare davvero il grido della gente della diocesi, non basta «abitare con idee, con i piani pastorali, con soluzioni prestabilite», ma «bisogna abitare con il cuore». D’altra parte, il Papa non è contrario alla pianificazione in sé. Infatti, come ha osservato Robert Mickens, in quella stessa occasione Francesco ha richiamato l’Evangelii gaudium (EG) e il discorso da lui stesso pronunciato a Firenze nel 2015,
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