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Negli Atti degli Apostoli, Luca, l’evangelista che cerca di presentare il cammino cristiano alle élite del mondo greco-romano, ci dice che l’ombra di Pietro poteva guarire i malati proprio come i fazzoletti appartenuti a Paolo (cfr At 5,15 e 19,12). D’altra parte, egli è molto critico nei confronti della magia; e racconta che a Efeso i nuovi convertiti a Cristo bruciano talismani e libri magici per un valore di 50.000 monete d’argento (cfr At 19,19)! Il mondo antico era ghiotto di procedure magiche e di amuleti protettivi. Ma il nostro mondo è poi così diverso, visto che si continuano a scrivere pagine di oroscopi e stregoni di ogni tipo fanno pubblicità ovunque? Come ha fatto Gesù a trovare la sua strada in un mondo simile? Come considerava coloro che si rivolgevano a lui con richieste di guarigione o di protezione?
Dobbiamo fare due osservazioni introduttive. Innanzitutto, a quell’epoca non era così scontato distinguere tra guarigioni ed esorcismi, tra medicina e religione. I templi – di Esculapio, certo, ma non solo – erano spesso anche luoghi privilegiati di guarigione. Durante il suo ministero pubblico, Gesù ha voluto conciliare attività didattica e attività taumaturgiche. Dobbiamo renderci conto che questa scelta non è affatto ovvia e che quindi egli ha corso costantemente il rischio di non essere preso sul serio come maestro, e persino di essere accomunato ai guaritori itineranti che si guadagnavano da vivere con la loro «arte». C’è dunque un continuum molto meno netto rispetto a oggi.
La religione popolare
E poi sappiamo, anche oggi, che la guarigione fisica e la riconciliazione interiore e spirituale sono processi collegati, in quanto l’essere umano è un’unità. Nel mondo della cura si parla sempre più di un approccio olistico alla persona. E, a pensarci bene, non è proprio così che Gesù si avvicinava alle persone che incontrava? Per i sociologi, esiste una classica distinzione tra religione «alta» e religione «bassa». Che cosa significa? C’è la religione dei dottori, degli studiosi, dei preti, di coloro che si considerano «esperti»; una religione più concentrata sui «dogmi», sull’esattezza dei riti e delle formule, quella delle preghiere pubbliche e «ufficiali». E c’è la religione della gente «semplice», del popolo – la tradizione rabbinica li chiama talvolta gli am ha-aretz, la «gente di campagna» –, di coloro che non pretendono di conoscere la loro religione, ma che desiderano ricevere la benedizione degli dèi, o del dio, quando passa, e sono più adepti
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