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«Buona notizia» è la traduzione letterale del termine «Vangelo», in greco euaggelion. Ma perché questa proclamazione che si compie da 2000 anni è «buona notizia», e lo è ancora? E in che senso questa buona notizia si comprende a partire dalla sua accezione comune? In questo articolo si cerca di mostrare come l’espressione «buona notizia» abbia a che fare, fin dal linguaggio comune, con qualche cosa che il soggetto sente e vive come arricchimento, gioia, pienezza, soprattutto nelle relazioni. Si passa poi a esaminare il termine greco euaggelion e il verbo euaggelizomai, sia nel contesto classico, sia nella loro derivazione dai termini ebraici usati nell’Antico Testamento, sia poi nel loro utilizzo nel Nuovo Testamento, in particolare nei Vangeli — che prendono il nome proprio dal termine euaggelion — e nelle lettere di Paolo. Infine, si propongono alcune riflessioni sull’uso dell’espressione «buona notizia», in modo da poter ulteriormente permettere di scoprire la ricchezza e la potenza performativa che la sua proclamazione può avere nell’oggi.