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Attualità

Il vento freddo della «democrazia diretta»

Francesco Occhetta

16 Febbraio 2019

Quaderno 4048

A group of people protesting writing "yes and no" on their billboards (iStock/Francesco Scatena)

ABSTRACT – Nel dibattito pubblico si sta imponendo il modello della democrazia diretta – in cui i cittadini esercitano direttamente il potere legislativo senza intermediazione – come alternativa alla democrazia rappresentativa.

Finora i due modelli di democrazia – e di partecipazione politica – si integravano: da una parte, le elezioni, che generano le istituzioni della democrazia rappresenta­tiva; dall’altra, alcuni stru­menti di democrazia diretta che per la Costituzione si esercita attraverso la petizione, l’iniziativa legislativa popolare, il referen­dum abrogativo, i referendum tipici delle Regioni e degli enti locali e il referendum confermativo costituzionale.

Cosa capiterebbe se si congelassero i poteri di un Parlamento e si portasse la popolazione a decidere direttamente su temi sensi­bili legati alla bioetica, ai vaccini, al fine vita ecc., o in generale su tutti quei temi che richiedono una mediazione politica?

È la storia a insegnarlo: quando si eli­mina la rappresentanza o la mediazione politica, i cittadini vengono strumentalizzati. Nella democrazia diretta la responsabilità è sempre «scaricata» sul «popolo» e sui cittadini senza volto che hanno approvato o respinto un quesito pensato e formulato in altre sedi. Perché dietro al sipario della democrazia diretta c’è anzitutto una regia che, al contrario di quanto si pensa, non è nelle mani dei cittadini, ma di gruppi organizzati, che spesso sono satelliti della politica. Saranno così le minoranze organizzate attraverso la rete a decidere le leggi da approvare, diventando esse stesse le élites che vogliono contrastare.

In questi ultimi mesi il Parlamento sta discutendo la modifica della Costituzione attraverso la proposta del ministro Fraccaro, per intro­durre il «referendum propositivo», considerato dalla dottrina costitu­zionalistica una «iniziativa legislativa popolare indiretta». Se a livello teorico si potrebbe dire nihil sub sole novum, all’atto pratico si stanno creando le condizioni per una contrapposizione fra volontà popolare e Parlamento.

Tre dunque i principali rischi connessi alla democrazia diretta:

  1. favorire i cittadini «produttivi» e penalizzare i deboli e i non connessi alla rete;
  2. ridurre la libertà di scelta a un «sì» e un «no»;
  3. contrapporre la volontà popolare a quella parlamentare.

Se l’impasse in cui versa il Parlamento è il sintomo di una malat­tia del sistema politico, la cura non può essere il vento freddo della democrazia diretta, che lo congelerebbe dall’interno. Per introdurre gli strumenti di democrazia partecipativa, occorre farlo «in favore di» e non «contro» qualcosa o qualcuno.

***

THE COLD WIND OF “DIRECT DEMOCRACY”

In public debate, the model of direct democracy is being imposed – where citizens directly exercise legislative power without intermediation – as an alternative to representative democracy. This article, in addition to explaining the basis and origins of this model, highlights three risks: favouring productive citizens and penalizing those weaker in society and those not connected to the network; reducing freedom of choice to a “yes” and “no”; opposing the popular will to that of the parliament. In this way the minorities organized through the network will decide the laws to be approved, becoming the elites they had intended to combat.

Non è disponibile la versione digitale di questo articolo, è possibile leggerlo solo nella versione cartacea o e-book


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Il vento freddo della «democrazia diretta»

Francesco Occhetta

Docente di Dottrina sociale della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana.


16 Febbraio 2019

Quaderno 4048

  • pag. 354 - 361
  • Anno 2019
  • Volume I

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Si parla di:

Costituzione Democrazia Politica

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