
Tre giorni dopo la conclusione della prima fase del Sinodo sulla sinodalità, il 1° novembre 2023, è stata resa nota la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Ad theologiam promovendam (ATP) di papa Francesco. Il fatto che la data della sua apparizione coincida con altri messaggi importanti, con la chiusura del Sinodo e con l’inaugurazione della Cop28 a Dubai, potrebbe relegare questa lettera nell’oblio. È quindi importante non trascurarla.
Il «motu proprio» dichiara il proposito di «promuovere la teologia in avvenire» (ATP 1). Nel contesto del movimento sinodale, Francesco ha voluto pronunciarsi su questo tema tanto importante quanto controverso, a proposito dell’aggiornamento degli Statuti della Pontificia Accademia di Teologia. Non è la prima volta che lo fa. Nel dicembre 2017 aveva pubblicato la costituzione apostolica Veritatis gaudium (VG) sulle università e le facoltà ecclesiastiche. Essa si apre con un significativo proemio che in questo «motu proprio» viene citato un paio di volte. Pertanto, è importante leggere congiuntamente i due documenti.
Ripercorreremo il documento, distinguendo i tratti principali del lavoro teologico sottolineati da Francesco, commentandoli e facendo ricorso ad altri documenti significativi – per esempio, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium (EG) e la Relazione di Sintesi (RdS) della prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo, intitolata Una Chiesa sinodale in missione[1] –, quando ci sembrerà opportuno farlo per una migliore comprensione.
Una teologia in uscita e dalle frontiere
L’idea di una teologia in uscita e dalle frontiere risale agli inizi del pontificato di Francesco. La si trova nel primo capitolo dell’Evangelii gaudium, del novembre 2013, dedicato alla trasformazione missionaria della Chiesa. Esso parla di «una Chiesa in uscita», riferendosi al dinamismo «in uscita» proprio della parola di Dio (cfr EG 20). Abramo, Mosè, Geremia incarnano questo movimento nell’Antico Testamento, da cui nascono l’invio, la missione e la gioia di essere inviati.
Per Francesco, «la Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa [qui il Papa usa un suo tipico neologismo, primerear], che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano» (EG 24). Questi verbi fanno parte del dinamismo di una Chiesa che esce da sé stessa, dalla propria autoreferenzialità, per dirigersi verso le frontiere, le periferie. Afferma il testo: «La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socioculturali» (EG
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