Nato nelle università statunitensi, il wokismo è un movimento che negli ultimi anni ha acquistato grande risalto nello spazio pubblico. Ne sono segni l’onnipresenza di termini come «eteronormativo», «cisgender», «non binario», o l’atto di graffitare il termine «decolonizza» sulle statue di navigatori e politici. Il termine «wokismo» definisce coloro che si considerano «svegli» (dall’inglese woke), vale a dire militanti in allerta contro le ingiustizie che pervadono la società e contro la refrattarietà di questa alle riforme. Il wokismo ritiene che la discriminazione contro le persone emarginate sia sistemica, cioè non limitata a manifestazioni isolate, e che quindi dobbiamo essere consapevoli delle strutture che opprimono gli individui in base al genere, al colore, all’orientamento sessuale, alla nazionalità o all’etnia.
A prima vista, il wokismo sembra un movimento di movimenti, che abbraccia e dà voce al femminismo e a tutte le minoranze nella società. Tuttavia, è molto più complesso e può essere considerato una vera e propria ideologia politica, che si richiama a diverse altre scuole di pensiero ed è caratterizzata da una grande propensione all’azione. Avvolto nelle polemiche, per non dire che esso stesso è di per sé polemico, genera reazioni particolarmente avverse da parte di altri settori della società, che qui, in mancanza di un nome migliore, possono essere definite «antiwokismo». Entrambi gli elementi meritano uno sguardo attento e riflessivo, perché il loro incontro sfocia in un conflitto che genera una forte tensione sociale.
Questo articolo intende ripercorrere in breve il cammino della società verso la postmodernità, il momento che ha dato origine al wokismo, per poi presentare i fili con cui è intessuta la trama woke, le ripercussioni che genera e, infine, prospettare alcune indicazioni per un possibile futuro.
Il percorso fino a ieri
Per migliaia di anni abbiamo vissuto in comunità sedentarie e agricole, in cui i ruoli sociali erano fissi e definiti: c’era una rigida gerarchia, basata sul genere e sull’età, e tutti avevano sostanzialmente la stessa occupazione (lavorare la terra o prendersi cura della casa). I nostri antenati passavano per lo più tutta la vita nella città, nel paese o nel villaggio in cui erano nati, all’interno di una cerchia ristretta di amici e vicini, con cui condividevano la stessa religione e gli stessi miti e credenze. La mobilità sociale era praticamente impossibile. Non c’era alcun pluralismo, né diversità, né scelta.
L’emergere di civiltà che abbracciavano popoli e territori diversi ha portato a esperienze epifenomeniche di positiva convivenza, soprattutto nei luoghi
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