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Dal mese di febbraio di quest’anno, oltre ai nomi dei gesuiti che fanno parte della redazione della rivista – quello che si chiama il nostro «Collegio degli Scrittori» –, in seconda di copertina appaiono pure quelli di alcuni «corrispondenti» e «collaboratori di redazione». Dei 190 articoli pubblicati nel corso del 2017, 70 sono stati scritti appositamente per la nostra rivista da 50 autori gesuiti di varie nazioni del mondo
Se la collaborazione di autori gesuiti con La Civiltà Cattolica è stata attiva da tempo, essa fino ad oggi è rimasta sostanzialmente spontanea ed estemporanea. Si è fatto anche ricorso alla traduzione di articoli scritti per altre riviste. Oggi invece si è avvertita l’esigenza di costituire un gruppo di gesuiti che, vivendo nei loro Paesi, siano uniti alla Civiltà Cattolica non solo da legami di amicizia e di collaborazione saltuaria o episodica, ma da una «missione», ricevuta dal proprio superiore, di scrivere con noi.
Si tratta dunque di un nuovo istituto all’interno della rivista, che ne certifica la vocazione internazionale e che le consente di avere «vedette» sparse per il mondo, capaci di scrivere secondo il loro punto di osservazione sui vari argomenti. Questi sono dunque i «corrispondenti».
Ad essi si affiancano alcuni gesuiti «collaboratori di redazione» che, pur non essendo parte del Collegio – cioè della redazione vera e propria – abitano a Roma e offrono una collaborazione diretta e continuativa, anch’essa secondo una missione data dal loro superiore.
In tal modo La Civiltà Cattolica offre ai suoi lettori la stessa esperienza di sempre, ancorata saldamente a una redazione che condivide la vita e lo studio. Questa esperienza adesso però appare ancora più spalancata sul mondo, su una dimensione internazionale che testimonia meglio l’universalità della Chiesa. Si tratta di una internazionalità che ha il suo «fuoco» su Roma, come sede di Pietro, dunque di una internazionalità «cattolica» che non appiattisce le differenze, ma le valorizza, facendole diventare una ricchezza per tutti.
È pure chiaro che in un mondo complesso come il nostro non è sufficiente rimanere a casa propria per poter parlare con competenza di tutto il poliedro del mondo: bisogna farne in qualche modo esperienza diretta. Uno sguardo che conosce per esperienza la realtà può porre le questioni in maniera più competente, magari cogliendo elementi e scegliendo prospettive di analisi che da lontano non si vedono. La Civiltà Cattolica non vuole fare cultura «da laboratorio», nata esclusivamente da uno studio a tavolino e a distanza, ma intende diffondere notizie e riflessioni che nascono già inculturate alla fonte. E ha davanti a sé il mondo.
Dopo 168 anni di vita, la nostra rivista ha sentito il bisogno di questa novità, che conviene illustrare per comprenderne significato e implicazioni.
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Facciamo un passo indietro, tornando alla fondazione della rivista. La data di nascita de La Civiltà Cattolica può essere convenzionalmente fissata il giorno 9 gennaio 1850, quando Pio IX, che in quel tempo risiedeva a Portici, presso Napoli, ordinò d’autorità, durante un’udienza privata concessa al padre Generale della Compagnia di Gesù, il fiammingo Jan Philip Roothaan, che si desse inizio, da parte dei gesuiti italiani, alla pubblicazione di una rivista che difendesse la dottrina cattolica e gli interessi della Santa Sede. I gesuiti decisero immediatamente di dare esecuzione all’ordine di Pio IX: si costituì dunque una rivista con una comunità autonoma di scrittori, sottoposta al Papa, attraverso la mediazione dei superiori della Compagnia.
Le linee fondamentali di questo nuovo istituto furono fissate dal primo direttore, p. Carlo Maria Curci – del quale in questo medesimo fascicolo pubblichiamo un ritratto –, il quale dava questo suggerimento: «La Santità del Sommo Pontefice potrebbe con Autorità Apostolica costituire una casa di scrittori della Compagnia di Gesù al servizio della Chiesa pel fine suddetto alla disposizione dei Romani Pontefici e sotto l’immediata dipendenza del Preposito Generale della stessa Compagnia, secondo tutte le norme del Collegio di questa».
Il Breve pontificio Gravissimum supremi, di Pio IX, che il 12 febbraio 1866 eresse e costituì «perpetuamente» il Collegio degli scrittori, di fatto accolse pienamente i suggerimenti di p. Curci. Leone XIII, nella sua lettera Sapienti consilio, ricordava come il suo predecessore Pio IX avesse avuto come principale intento la costituzione di un gruppo di «scelti scrittori, uniti in comunanza di vita e di studi», capaci di perseguire «la ricerca della verità e l’amore della giustizia» (per una storia della rivista e i documenti pontifici ad essa legati, cfr A. Spadaro – G. Sale, Il coraggio e l’audacia. Da Pio IX a Francesco, Milano, Rizzoli, 2017).
Questa natura strettamente e radicalmente collegiale della rivista è stata confermata da tutti i Pontefici da Pio IX fino a Francesco, il quale, nell’udienza concessa per la pubblicazione del fascicolo numero 4000, esattamente un anno fa, disse: «Confermo gli Statuti originari della vostra rivista, che Pio IX scrisse nel 1866, istituendo La Civiltà Cattolica “in modo perpetuo”. A leggerli oggi, notiamo un linguaggio che non è più il nostro. Ma il senso profondo e specifico della vostra rivista è ben descritto e deve rimanere immutato, cioè quello di una rivista che è espressione di una comunità di scrittori tutti gesuiti, che condividono non solamente un’esperienza intellettuale, ma anche un’ispirazione carismatica e, almeno nel nucleo fondamentale della redazione, la vita quotidiana della comunità» («Papa Francesco incontra “La Civiltà Cattolica” in occasione della pubblicazione del fascicolo 4000», in Civ. Catt. 2017 I 439-447).
Francesco ha auspicato che la varietà degli argomenti che trattiamo sia «scelta ed elaborata in una consultazione tra voi che richiede uno scambio frequente». E ha concluso: «Il centro de La Civiltà Cattolica è il Collegio degli scrittori. Tutto deve ruotare attorno ad esso e alla sua missione».
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Ma è stato proprio Francesco a elogiare l’apertura internazionale della rivista, che dallo scorso anno esce in 5 lingue: «Sono lieto di poter benedire le edizioni de La Civiltà Cattolica in spagnolo, inglese, francese e coreano – ha detto il Pontefice –. Si tratta di un’evoluzione che già i vostri predecessori, ai tempi del Concilio, ebbero in mente, ma che mai fu messa in opera». Davanti a un mondo «sempre più connesso, il superamento delle barriere linguistiche aiuterà a diffonderne meglio il messaggio a più ampio raggio», ha commentato. Ma, soprattutto, Francesco ha colto le implicazioni che riguardano la vita stessa della rivista: «Questa nuova tappa contribuirà pure ad ampliare il vostro orizzonte e a ricevere contributi scritti da altri gesuiti in varie parti del mondo. La cultura viva tende ad aprire, a integrare, a moltiplicare, a condividere, a dialogare, a dare e a ricevere all’interno di un popolo e con gli altri popoli con cui entra in rapporto. La Civiltà Cattolica sarà una rivista sempre più aperta al mondo. Questo è un nuovo modo di vivere la vostra missione specifica» (corsivi nostri).
Queste parole di Francesco hanno risuonato profondamente dentro di noi. Abbiamo anche rimeditato le parole che Giovanni Paolo II aveva rivolto al Collegio degli scrittori nel 1990: «Se ogni problema umano ha assunto oggi, di fatto e di diritto, dimensioni mondiali, il proposito di contribuire alla formazione di una civiltà cattolica, o universale, che cento anni fa poteva sembrare quasi ambizioso, è divenuto ora di estrema attualità, si direbbe anzi di urgente doverosità» (A. Spadaro – G. Sale, Il coraggio e l’audacia…, cit., 86 s). Proprio meditando le parole di Giovanni Paolo II, i gesuiti scrittori di allora commentarono: «Questa ampiezza di vedute, favorita dalla fedeltà alla Chiesa e dalla condivisione della sua missione universale, mette in grado la rivista di svolgere attivamente un’importante funzione di orientamento a larghissimo raggio, nazionale e internazionale, ed esteso un po’ a tutti i campi e i problemi della società e della Chiesa» (ivi, 148; corsivo nostro).
Queste considerazioni ci hanno portato a chiedere a gesuiti di varie parti del mondo molti contributi originali per il nostro periodico. Attualmente essi coprono circa il 40% degli articoli che pubblichiamo. I contributi sono tradotti dalla lingua originale nelle altre lingue della rivista, che così diventa un vero «ponte» di cultura e di riflessione evangelica sui grandi temi del mondo. La stessa linea editoriale della rivista prende forma accompagnando l’evoluzione della realtà, che viene affrontata alla luce del carisma proprio dei gesuiti.
Partiamo adesso con un primo gruppo di collaboratori e corrispondenti che hanno già collaborato alla rivista, e dunque la conoscono direttamente da qualche tempo. Il gruppo potrà subire variazioni e pure ampliarsi.
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I loro nomi compongono una prima mappa di corrispondenti di vari Paesi e di differenti età ed esperienze. Anzi, uno dei criteri di collaborazione è proprio la conoscenza di vari contesti culturali e linguistici: Drew Christiansen (statunitense, professore di Etica e Sviluppo umano globale presso la Georgetown University), Bert Daelemans (fiammingo, professore di Teologia presso la Universidad Pontificia Comillas di Madrid), Fernando de la Iglesia Viguiristi (spagnolo, professore di Economia internazionale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma), Joseph You Guo Jiang (cinese, insegna Educazione e diversità culturale presso il Boston College), Federico Lombardi (presidente della Fondazione Ratzinger e già direttore della Sala Stampa Vaticana), Friedhelm Mennekes (tedesco, professore di Teologia e arte presso la Hochschule Sanckt Georgen, a Francoforte), David Neuhaus (sudafricano con cittadinanza israeliana, è stato vicario generale per la comunità di lingua ebraica del Patriarcato latino), Vladimir Pachkov (russo, giornalista e scrittore in area tedesca), Arturo Peraza (venezuelano, già provinciale, adesso vicedirettore della sezione «Guayana» dell’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas), Camillo Ripamonti (presidente dell’associazione «Centro Astalli», sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati), George Ruyssen (belga, decano della Facoltà di Diritto Canonico del Pontificio Istituto Orientale di Roma), Paul Soukup (statunitense del Dipartimento di Comunicazione presso la Santa Clara University, California), Marcel Uwineza (rwandese, che completa i suoi studi al Boston College), Andrea Vicini (professore di Teologia morale presso il Boston College).
Con loro, i «collaboratori di redazione»: José Luis Narvaja (argentino, docente di Storia della Teologia a Francoforte, Roma e Buenos Aires) e Luke Hansen (statunitense, giornalista e attualmente studente presso l’Università Gregoriana di Roma). Citiamo anche Michael Kelly, australiano, che vive in Thailandia, dirige la Union of Catholic Asian News e pubblica la nostra rivista in lingua inglese; Jeong-yeon Xavier Hwang e Kyoung-woong Peter Park, responsabili dell’edizione coreana.
La mappa non è né completa né definitiva, perché la rivista si avvale e si avvarrà sempre di contributi di molti altri gesuiti provenienti da tante altre nazioni. Nel corso di quest’anno potremo aggiungere a quelle già citate le seguenti nazioni dei nostri scrittori: Austria, Brasile, Colombia, Costa d’Avorio, Cuba, Francia, Giappone, India, Irlanda, Isole Figi, Malta, Portogallo, Regno Unito, Sud Sudan, Svizzera e Zimbabwe.
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Scrivendo delle dinamiche politiche e sociali del nostro Paese, cerchiamo di farlo con la consapevolezza che non è un’isola, e che ogni nazionalismo isolazionistico è cieco, privo di senso e di valore. Lo sguardo sulla nostra Italia così risulta attento, aperto e costantemente vigile. Per questo abbiamo celebrato anche l’uscita del nostro fascicolo numero 4000 con eventi che hanno coinvolto il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e il nostro presidente del Consiglio, on. Paolo Gentiloni. D’altra parte, l’apertura internazionale della nostra rivista è stata onorata nella stessa occasione da molti Ambasciatori.
Affidando ancora una volta La Civiltà Cattolica ai nostri lettori, a dodici mesi dalla pubblicazione dello storico fascicolo 4000, abbiamo voluto segnalare questa novità. La rivista resta ancorata a un «Collegio di scrittori» residenziale, ma si allarga al contributo e al consiglio di tanti gesuiti del mondo, i quali amplieranno i nostri orizzonti. Il lavoro che svolgiamo interpreterà meglio – lo speriamo, almeno – il mondo per la Chiesa e la Chiesa per il mondo, contribuendo a un dialogo aperto, pieno, cordiale e rispettoso. Una rivista culturale come la nostra deve immergersi nel mondo per ascoltarne il cuore pulsante, per riconoscerne i desideri, le attese e le frustrazioni, come pure la presenza operosa di Dio nella realtà umana.
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THE «CORRESPONDENTS» OF «LA CIVILTÀ CATTOLICA». For a magazine with «extensive orientation»
La Civiltà Cattolica has responded to an exigency to form a group of Jesuits who, though living in their respective countries, are united to the magazine not only by bonds of friendship and occasional collaboration, but by the «mission» received by their superior to write with us. Therefore, a new institution exists today within the magazine, which forwards our international vocation further and permits the magazine to have «watchtowers» scattered around the world, and from where they are able to write according to their point of view on various topics. The work we are doing will interpret for the best – we hope, at least – the world for the Church and the Church for the world, contributing to an open, full, cordial and respectful dialogue.