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ABSTRACT – P. Carlo Maria Curci – fondatore e primo direttore de La Civiltà Cattolica – già dai suoi contemporanei era considerato una figura affascinante e complessa.
Visse nel tempo in cui la Chiesa, soprattutto in Italia – molto provata nei suoi diritti e nella sua libertà e arroccata nell’ecclesiologia della societas perfecta – appariva dominata dalla centralizzazione dottrinale e disciplinare della Curia romana e chiusa a qualsiasi anche prudente apertura e integrazione con la cultura moderna: intransigente in materia politica, religiosa ed ecumenica, con una salda pietà generalmente di stampo devozionistico, con la teologia delle scuole romane come unica interprete riconosciuta del pensiero cattolico. Fuori della Chiesa si succedevano rapidamente l’idealismo e il positivismo; il liberalismo cedeva al nascente nazionalismo; e, mentre su un versante si acutizzava il conflitto tra la fede e la scienza, sull’altro i primi moti socialisti compromettevano gli equilibri politici raggiunti. In questo drammatico periodo della vita italiana ed europea, egli, da antiliberale e difensore strenuo del potere temporale del Papa, dopo la breccia di Porta Pia vide nello Stato unitario una autorità civile irreversibile e combatté l’intransigenza di alcune correnti cattoliche. Questo suo impegno lo portò all’espulsione dalla rivista, dalla Compagnia di Gesù e persino alla sua sospensione a divinis.
Non si intende oggi condannare atteggiamenti o provvedimenti ecclesiastici allora certamente giustificati dalla situazione concreta, bensì soltanto sottolineare la supremazia del momento giuridico-diplomatico su quello strettamente religioso.
In quest’ottica, il suo epistolario inedito ci consente di riscoprire l’atteggiamento veramente ispiratore dell’attività di p. Curci. Lettere che testimoniano l’amore profondo che egli nutrì sempre per la Chiesa, il sacerdozio, la Compagnia e il culto che ebbe per il dettato della sua coscienza; l’attitudine al servizio fondata sull’educazione ignaziana; l’integrità dei costumi; l’orientamento continuo alla vita eterna e al giudizio divino; l’ascesi fatta di carità verso i più poveri, di austerità corporale e di lavoro; l’ironia e il garbato sorriso sulle cose umane.
Dopo le dimissioni, il Curci, sotto l’influenza del pensiero cattolico liberale, volse la sua meditazione allo studio storico-teologico delle possibilità concrete di attuare la riforma della Chiesa. Intanto, verso la metà del 1878, Leone XIII progettava di servirsi, nei suoi approcci conciliatoristi, di uomini in grado di collaborare con lui. L’epistolario inedito mostra che le speranze del Curci crebbero al punto da credere che il Papa simpatizzasse per le sue idee. Ma quelle speranze si estinsero presto. Il Curci ormai cercava pace in una concezione quasi mistica della storia terrena della Chiesa.
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CARLO MARIA CURCI, A MAVERICK JESUIT
The founder and first director of La Civiltà Cattolica, Carlo Maria Curci, was considered a fascinating and complex figure by his contemporaries. As an anti-liberal and strenuous defender of the temporal power of the Pope, and following the breach of Porta Pia he saw in the unitary State an irreversible civil authority and fought against the intransigence of some Catholic tendencies. His commitment led him to expulsion from the magazine, from the Society of Jesus and even to his suspension a divinis. Excerpts from his unpublished epistolary permit us to rediscover the truly inspiring manner of his activity and the profound love that he always nourished for the Church.