Quando, il 16 ottobre 1978, i cardinali riuniti in conclave elessero il cardinale Karol Wojtyła come successore di san Pietro, la scelta fu in qualche modo sorprendente: era il primo papa non italiano fin dall’ormai lontano Adriano VI (eletto nel 1522) e, soprattutto, veniva dall’Est, da oltre la Cortina di ferro, cioè da Cracovia, in Polonia. Ben pochi avrebbero immaginato che il nuovo Pontefice stesse per portare un rinnovamento alla dottrina sociale della Chiesa (DSC).
Eppure lo si sarebbe potuto intuire dando uno sguardo al suo profilo biografico: vi risaltava l’esperienza diretta della vita reale sia nel mondo capitalista sia in quello comunista. Come docente di Etica all’Università di Lublino, Wojtyła si era interessato a livello accademico della realtà socioeconomica. Nel Concilio Vaticano II aveva contribuito all’elaborazione della Gaudium et spes (GS), e per di più era ben nota la sua netta opposizione al comunismo.
La fine degli anni Settanta segnava un’epoca di turbolenza nella società e nella Chiesa. In quest’ultima la fiducia nella propria dottrina sociale aveva toccato il punto più basso. Un crescente prestigio del marxismo si sommava a una critica alla DSC da parte di diverse correnti teologiche e politiche, che la incolpavano di essere astratta, moralistica e ideologica. Questa accusa veniva formulata, per esempio, da Marie-Dominique Chenu in La doctrine sociale de l’Église comme idéologie[1]. Tutto sembrava cospirare per eclissarla.
Da un’intervista rilasciata da Wojtyła pochi mesi prima dell’elezione possiamo comprendere che egli aveva idee chiare e molto elaborate su temi centrali della DSC[2]. Le domande esploravano la sua opinione sulla validità delle critiche a tale dottrina: in concreto, se la ritenesse ideologica e in che senso; se la considerasse un annuncio evangelico o un insegnamento di etica naturale; se essa fosse una sorta di giusto mezzo tra marxismo e liberalismo, o se si contrapponesse a entrambe quelle ideologie; se fosse ormai superata; se fosse capace di generare delle prassi, e quali sfide avrebbe dovuto affrontare.
Nelle sue risposte Wojtyła mostrò quanto fosse convinto del valore e della validità della DSC, come pure della necessità di svilupparla. Nutriva un ardente desiderio che si rinnovasse. Una volta eletto Papa, Wojtyła ha avuto la possibilità di tradurre in pratica questo progetto, e in effetti ci è riuscito appieno. Pertanto il suo apporto alla DSC è stato assolutamente decisivo. Qui ci proponiamo di sintetizzare gli insegnamenti delle sue tre grandi encicliche sociali, mettendo in rilievo i loro contributi, la
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