Intervento divino (Francia – Palestina, 2002).
Regista: ELIA SULEIMAN. Interpreti principali: E. Suleiman, M. Khader, N. Fahoum Daher.
Al festival di Cannes del 2002 si confrontavano due film recanti rispettivamente la bandiera israeliana e quella palestinese. Del film israeliano, Kedma di Amos Gitai, ci siamo occupati qualche mese fa, al momento della sua uscita in Italia (cfr Civ. Catt. 2002 III 347 s). Giunge ora sui nostri schermi anche il film palestinese, Intervento divino di Elia Suleiman. L’occasione non va sottovalutata. Entrambi i film, infatti, vertono sulla situazione attuale della tormentata terra di Gesù. Lo fanno con ammirevole impegno, sul piano della realizzazione artistica, come su quello dell’indagine storica e della riflessione sulla situazione attuale. I due film forniscono la prova che, da una parte e dall’altra delle barriere innalzate tra due popoli che vivono sulla stessa terra, ci sono persone capaci di mettere il proprio talento al servizio della reciproca comprensione, del dialogo e della convivenza pacifica.
Suleiman è nato a Nazaret nel 1960. I suoi genitori appartenevano alla popolazione araba che, in base agli accordi del 1948, era destinata a far parte dello Stato palestinese, annesso da Israele l’anno successivo. La famiglia divenne in questo modo arabo-israeliana. Con il passaporto israeliano, dopo un’adolescenza in-quieta trascorsa a Nazaret, Elia emigra negli Stati Uniti, dove riesce a farsi strada nell’ambito del cinema indipendente. Ottenuti i primi riconoscimenti come regista, si stabilisce a Parigi, da dove moltiplica i viaggi di andata e ritorno a Nazaret, dove vivono i genitori, e a Ramallah, dove vive la fidanzata, quando l’accesso alle due città non è vietato. Intervento divino è stato girato tra mille difficoltà a Nazaret, Ramallah e Gerusalemme. «Ogni volta che stavamo per battere il ciak — dice il regista — c’era il rischio che nelle vicinanze qualcuno si mettesse a sparare davvero».
La situazione descritta dal film riflette i casi personali e familiari del regista. A Nazaret, sotto l’apparenza di una banale normalità, la gente assume comportamenti aggressivi che inquinano i rapporti tra vicini di casa. La società è malata. Un uomo, che gestisce un’impresa sull’orlo del fallimento, tenta di prendere il controllo della situazione per interrompere il circolo vizioso delle reciproche ostilità tra i dipendenti. La sola cosa che riesce a ottenere è l’improvviso aggravarsi delle proprie condizioni di salute. Nello stesso periodo nasce una storia d’amore tra il figlio dell’anziano imprenditore e una palestinese di Ramallah. Il regista interpreta personalmente il ruolo dell’innamorato, che vive a Gerusalemme e, per incontrare la fidanzata (Manal Khader), si reca quotidianamente al posto di blocco israeliano sulla strada tra Gerusalemme e Ra-mallah, unico punto nel quale è consentito ai due di vedersi.
La prima parte del film descrive i reciproci dispetti tra gli abitanti litigiosi di un quartiere di Nazaret. Sullo schermo si susseguono situazioni paradossali, degne della comicità raggelata di un Tati o di un Buster Keaton. La gag può dire nel cinema molto più di quanto un osservatore superficiale sia in grado di immaginare. I grandi comici ce lo hanno insegnato. In questo caso, si vede come il clima di violenza, che da decenni dilania il Paese, getta ripercussioni sinistre sui rapporti tra individuo e individuo. Ogni strada può diventare una frontiera, ogni muro una linea di confine.
Nel passaggio dalla prima alla seconda parte, la fantasia del regista si impenna e le trovate assumono dimensioni sempre più spettacolari, sia quando l’innamorato, per distrarre le guardie di confine e trascorrere qualche ora in pace con la fidanzata, gonfia un palloncino rosso con dipinta sopra la faccia di Arafat e lo fa volare nell’aria, sia quando lo stesso personaggio, che dopo aver mangiato un frutto getta il nocciolo contro un carroarmato, immagina di vedere saltare in aria e ricadere in mille pezzi il pachiderma d’acciaio, oppure immagina che, al passaggio della sua bellissima fidanzata, che incede con passo solenne verso il posto di guardia, la torretta delle sentinelle cada su se stessa afflosciandosi come un castello di carte…