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Attualità

Elezioni presidenziali in Argentina: paradossi e sfide di un Paese in crisi

Eduardo Daniel Alonso

20 Gennaio 2024

Quaderno 4166

Alberto Fernández consegna a Javier Milei il bastone presidenziale durante la cerimonia d'insediamento, 10 dicembre 2023.

Il 10 dicembre 2023 Javier Milei si è insediato come nuovo presidente dell’Argentina. Ha vinto il ballottaggio elettorale del 19 novembre con il 55,69% dei voti, prevalendo nei confronti dell’ex ministro dell’Economia Sergio Massa, candidato della coalizione governativa uscente, guidata da Alberto Fernández, fermo al 44,3%. La percentuale di votanti è stata del 76,35%, con l’1,55% di schede bianche e l’1,62% di nulle[1].

L’Argentina è una democrazia rappresentativa a carattere presidenzialista, una Repubblica federale suddivisa in 23 giurisdizioni provinciali e un distretto federale, costituito dalla Città autonoma di Buenos Aires (Caba). Secondo il censimento del 2022, gli abitanti del Paese sono 46.044.703, un terzo dei quali vive entro i confini della cosiddetta «Grande Buenos Aires» (Gba), che non è tuttavia una giurisdizione amministrativa, bensì un agglomerato urbano, composto dalla città di Buenos Aires e da vari insediamenti ubicati tutto attorno – e definiti anche «macchia urbana» –, in un territorio complessivo di 13.285 kmq.

Nella Gba, la lista capitanata da Sergio Massa ha ottenuto il 54,76% dei voti, contro il 45,24% di Javier Milei, e nella Provincia di Buenos Aires il risultato elettorale evidenzia un sostanziale pareggio; ma nel resto del Paese si è imposto Milei. Il neopresidente ha conquistato oltre il 60% delle preferenze elettorali in sette Stati provinciali: Córdoba, Entre Ríos, Mendoza, Neuquén, San Juan, San Luis e Santa Fe. Dunque, all’Argentina dell’interno si devono ben due milioni e mezzo dei quasi tre milioni di voti che Milei ha ottenuto rispetto al candidato di governo e ministro uscente[2].

Indiscutibilmente, il trionfo di Milei sfugge ai paradigmi tradizionali della politica argentina e costituisce un inedito paradosso. La costante elettorale, finora, aveva garantito la vittoria e la presidenza al candidato capace di aggiudicarsi i voti della Caba, della Gba e della Provincia di Buenos Aires. Invece, Milei è stato sostenuto dall’interno arrabbiato del Paese, che ha prevalso sulla celebrata megalopoli. È il frutto di un fenomeno politico federale, sorto nel cuore delle zone interne del Paese. Ciò rende importante una riflessione sul passato, che può offrirci un criterio di misura a partire dalla prospettiva storica.

I risultati elettorali in una prospettiva storica

Nel 1983 il governo del presidente Raúl Ricardo Alfonsín (1927-2009), appartenente alla Unión Cívica Radical (Ucr), conquistò il 51,75% dei voti. Nel 1989 il primo mandato del presidente Carlos Saúl Menem (1930-2021), di radici peroniste, venne ottenuto con il 47,49% dei suffragi; al secondo mandato, dopo aver promulgato la

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Elezioni presidenziali in Argentina: paradossi e sfide di un Paese in crisi

Eduardo Daniel Alonso

Professore di Teologia all’Universidad Católica de Córdoba (Argentina).


20 Gennaio 2024

Quaderno 4166

  • pag. 152 - 165
  • Anno 2024
  • Volume I

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Argentina Democrazia Mondo Politica

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