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Cultura e società

E le parole verranno meno

Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023

Diego Mattei

20 Gennaio 2024

Quaderno 4166

Jon Fosse (Tom A. Kolstad/Det norske samlaget).

Le parole possono raccontare la vita di un uomo? Possono cogliere il mistero di un’esistenza? Jon Fosse, norvegese, premio Nobel per la letteratura 2023, quarto scrittore[1] del Paese scandinavo a vincerlo e primo nella lingua scritta Nynorsk[2], lo tenta nella sua novella Mattino e sera del 2000, pubblicata in Italia solo nel 2019. Ci troviamo di fronte a un autore dalla produzione vastissima, che spazia dalla narrativa alla poesia e al teatro[3]. In Italia è ancora poco conosciuto, poco tradotto e poco rappresentato[4].

Mattino e sera si divide in due parti, ciascuna delle quali è costruita come una frase unica senza punto fermo. È un ininterrotto fluire di parole che dà voce ai personaggi e descrive ambienti: uno sguardo che palpita delicato e accarezza con gentilezza oggetti, persone e ricordi. Come la vita che scorre continua, così la prosa di Fosse in questa novella si dispiega ininterrottamente e si adegua alla «grammatica» dei gesti e degli ambienti semplici nei quali si svolge la vicenda, di fatto concentrata sui due momenti capitali della vita di un essere umano: la nascita e la morte.

Mattino…

Così la prima lunga «frase» è il racconto dell’apprensione di Olai, un umile pescatore, che nella cucina della propria casa vive i minuti che precedono e seguono la nascita del figlio, il quale, se sarà maschio, prenderà il nome di Johannes, come suo padre. Ci sono appena tre persone – Olai, la vecchia levatrice Anna e la moglie Marta –, perché la prima figlia, Magda, è stata portata dallo zio, essendo «ancora troppo giovane per sapere che cosa la aspettava da adulta»[5].

La copertina dell’edizione italiana di “Mattino e sera”.

L’attesa è carica di trepidazione. Le parole si intessono di pensieri su Dio, nella certezza della sua presenza e al tempo stesso di quella del mistero del male, che si oppone alla piena felicità dell’uomo[6]. Nel momento del parto, la lingua dei pensieri di Olai si disarticola, si scioglie e si adegua al ritmo affannoso del respiro della moglie[7]. E poi c’è la descrizione di quel che il bambino può percepire nei minuti subito dopo il parto: egli «sente la sua stessa voce piangere in questo mondo e le sue urla riempiono il mondo in cui si trova e nulla è più caldo e nero e un po’ rosso e umido e integro, adesso il tutto sono i

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E le parole verranno meno

Diego Mattei

Scrittore de La Civiltà Cattolica.


20 Gennaio 2024

Quaderno 4166

  • pag. 119 - 132
  • Anno 2024
  • Volume I

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Letteratura Teatro

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