Premessa.
L’enciclica Dilexit nos (DN)[1], che papa Francesco ci ha offerto da poco, unica nel suo genere, perlomeno all’interno del suo magistero, affronta questioni profondamente spirituali, parlandone in termini spirituali: se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito, e l’uomo non avvezzo a questo tipo di esperienza, ovvero chiuso al trascendente, non potrà inevitabilmente nemmeno comprendere il linguaggio con il quale viene espressa[2]. Questa enciclica non solo è una riflessione teologica ma, più ancora, una contemplazione «del mistero nascosto da secoli» (Col 1,26). Così appare estremamente riduttivo riassumerla nelle formule, pure presenti nel testo, di voler ridare un cuore a un mondo senza cuore, così come è vero che, anche se si parla, in singole espressioni, di violenza sulle donne o di algoritmi, non si può affermare che essa verta su questi temi. Veramente, come si dice, quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur.
D’altra parte, è notevole che il Pontefice stesso dichiari che «ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (DN 217).
Questa enciclica appare dunque come il centro, appunto il cuore, dal quale si dipartono tutte le altre riflessioni che il Papa ha proposto finora alla Chiesa e al mondo, anche quelle più «orizzontali»: in questo senso, non appare fuori luogo considerarla quasi un canone ermeneutico per un’interpretazione autentica del loro contesto. Naturalmente per molti questo linguaggio e questa prospettiva possono essere insoliti e di difficile comprensione: i giornali e i social hanno in generale fatto fatica a esprimerla nel linguaggio al quale troppi sono abituati, non coesteso a questo tipo di esperienza interiore. Per comprenderla rettamente, abbiamo dunque bisogno di una sorta di purificazione interiore, una rigenerazione spirituale, per capire le profondità delle Scritture e delle testimonianze dei santi, alle quali essa ci dischiude. Questa enciclica, infatti, ci apre alla dimensione orante e trascendente della vita cristiana, come di fatto sgorga da essa, come vedremo. Verrebbe da dire, mutuando un’espressione della Scrittura: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,11). Chi avrà tali orecchi?
«Vox clamantis in deserto»
Indubbiamente un’enciclica «sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo»
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