
C’è un unico tavolo per il nonno e il nipote. / Il futuro si compie ora […]. / Sono presente nelle epoche future / come un ragazzo rizzato sulle staffe (Arsenij Tarkovskij, «Vita, vita»).
Se la fede biblica si fonda su un’esperienza di Dio nella storia, l’ebraico biblico, paradossalmente, non ha una parola per designare la «storia», il corso degli eventi, progressivamente studiato e scritto. Il linguaggio della Bibbia, d’altra parte, dispone di due parole – tôledôt, «generazioni», e dôr, «generazione» – che gli permettono di pensare la storia a partire dal suo dinamismo più interno. Le pagine seguenti[1] caratterizzeranno l’uso incrociato di queste due categorie nella Bibbia; tuttavia lo faranno dopo una digressione attraverso le scienze umane. Nei loro recenti sviluppi, la sociologia, la storia e la psicologia hanno intrapreso, a proposito dei fenomeni delle generazioni e della generazione, strade che la Bibbia aveva già aperto. Qui c’è, per chi ancora ne dubitasse, una conferma della perspicacia della Bibbia in materia antropologica.
La doppia categoria biblica è anche veicolo di una teologia della storia particolarmente lungimirante, la cui rilevanza è ancora da riscoprire. Essa sottende, infatti, il pensiero e l’insegnamento di papa Francesco, attento al dinamismo generazionale che attraversa la storia. Per lui, come per Arsenij Tarkovskij nella poesia citata in esergo, il tavolo della famiglia e della società riunisce le generazioni, tutte quelle che coesistono in un dato momento; per lui, i più giovani sono chiamati a essere visionari, come il ragazzo della poesia, rizzato sulle staffe.
Generazione e generazione
Innanzitutto, è importante considerare il fenomeno antropologico associato alla parola «generazione». Un saggio particolarmente suggestivo di Astrid Erll, la cui ricerca è collegata ai fenomeni della «memoria culturale», guiderà questa esplorazione[2]. L’articolo si apre con le seguenti parole: «Il concetto di generazione è come l’aria che respiriamo: essenziale e per lo più non avvertito. È costitutivo della nostra comprensione della famiglia e della società, dei processi biologici e storici; nello stesso tempo tende a rimanere invisibile, una serie di assunzioni tacite alla base di una formula onnipresente»[3].
Per districare la matassa, spiega la Erll, occorre prendere atto di una distinzione fondamentale. Il termine «generazione», infatti, ha una doppia valenza semantica: a volte si riferisce a un asse diacronico (la generazione attraverso il tempo), a volte a un asse sincronico (il gruppo generazionale in un punto nel tempo). Nelle loro evoluzioni antiche e moderne, le culture e
Contenuto riservato agli abbonati
Vuoi continuare a leggere questo contenuto?
Clicca quioppure
Acquista il quaderno cartaceoAbbonati
Per leggere questo contenuto devi essere abbonato a La Civiltà Cattolica. Scegli subito tra i nostri abbonamenti quello che fa al caso tuo.
Scegli l'abbonamento