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Cultura e società

Coronacheck e fake news

Antonio Spadaro

2 Maggio 2020

Quaderno 4077

(iStock/nito100)

Con la diffusione del virus Covid-19, c’è stato un picco di disinformazione sulla sua origine, la sua propagazione e i suoi effetti. Le affermazioni errate e fuorvianti sono state divulgate non solo sui social network, ma purtroppo anche da parte di politici e Istituzioni, come documenta la voce «Misinformation related to the 2019-20 coronavirus pandemic» di Wikipedia. Persone sono morte per aver assunto medicine spacciate come utili. Il processo di verifica delle informazioni è in difficoltà da tempo, e la pandemia ha reso pubblico il problema.

L’ infodemia e la verifica dei dati

Le cause di questa crisi sono conosciute da tempo: attori che diffondono informazioni non corrette per motivi politici, assieme alla grande velocità di propagazione delle notizie sulle piattaforme digitali. Dato il gran numero di affermazioni errate su Internet, è molto difficile limitarne la circolazione, perché la verifica dei fatti (fact checking) richiede tempo e lavoro. Per attuarla, infatti, è necessario identificare un fatto che non sia un’opinione, raccogliere i dati pertinenti da sorgenti affidabili, ed eseguire l’analisi per convalidare o meno ciò che viene affermato.

Purtroppo, visto il sovraccarico di informazioni su Internet, ora stiamo affrontando ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha definito una «infodemia», cioè appunto la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni che rende difficile limitare la diffusione di fake news. Ci sono diverse evidenze che i sistemi di moderazione dei contenuti creati online sono in grossa difficoltà a causa di questo problema. Inoltre, i cittadini sono sommersi da informazioni false, anche da parte di persone di cui si fidano in maniera privata – grazie al passaparola e soprattutto su Whatsapp –, e non hanno gli strumenti per verificarne la correttezza e affidabilità. Questo problema è diventato esplosivo con la crisi dovuta al coronavirus, ma è un tema più ampio, che si applica a qualsiasi argomento oltre l’emergenza sanitaria, che sia questo industriale, economico o commerciale.

In risposta alla crisi dell’informazione, soprattutto online, esistono tante iniziative che ruotano soprattutto intorno al mondo del giornalismo. Da sempre i giornalisti – specialmente nel mondo anglosassone – si affidano al fact checking come a una pratica di ogni redazione rispettabile. Con l’aumento dei fatti da verificare, sono state create organizzazioni dove team di fact checkers verificano fatti (ad esempio, snopes.com e politifact.com o, in Italia, pagellapolitica.it). Questi siti sono indipendenti dalle grandi testate, ma esistono iniziative molto efficaci anche all’interno dei grandi giornali, come nel caso di lemonde.fr/verification/.

Le verifiche fatte da questi esperti sono una risorsa così preziosa che Google li considera fra i risultati più rilevanti nelle ricerche correlate e Facebook compra come servizio le loro verifiche per usarle all’interno del social network, allo scopo di identificare contenuti falsi. Ovviamente questo assieme a un vero e proprio esercito di migliaia di «moderatori» umani. Recentemente, anche in Italia il problema è diventato così sentito che la Rai e il governo hanno attivato alcune task-force contro la disinformazione.

Il problema educativo e la ricerca

La reazione polemica di tante persone in Italia a questa notizia rende però evidente che il problema non è solo la scala, cioè il grande numero di fatti falsi e l’impossibilità di verificarli tutti manualmente. Le grandi polemiche italiane sono infatti centrate sul tema del diritto all’opinione e sulla paura che un attore dall’alto possa decidere che cosa è vero e che cosa è falso. Si tratta anche di un problema educativo, perché molti non sanno che cosa sia una verifica oggettiva. Si dice che tutti hanno opinioni, e che tutte le opinioni contano allo stesso modo. Se si parla di oggettività, il rischio è quello di evocare il controllo che viola il diritto all’espressione. Se da una parte la crisi è educativa, dall’altra ci sono iniziative per risolverla da diverse angolature. Sicuramente con l’educazione in sé (cfr, ad esempio, factcheckingday.com) e con la creazione di risorse e contenuti accessibili, ma anche con un approccio computazionale al problema.

Da anni la comunità scientifica è concentrata sul problema con conferenze e riviste dedicate a come combattere disinformazione e propaganda, soprattutto online. Tanti approcci sono stati proposti per verificare automaticamente diversi tipi di fatti, per tracciare e capire come rallentare la proliferazione di notizie false sui social network, come limitare gli effetti dei cosiddetti bot (abbreviazione di robot), cioè programmi che in automatico rilanciano contenuti, e tanti altri aspetti.

Il CoronaCheck

Queste ricerche sono particolarmente rilevanti e importanti, perché possono aiutare a combattere entrambi i problemi che abbiamo posto. Vogliamo segnalarne una che, nel caso del coronavirus, si rivela davvero significativa. Essa proviene dal lavoro di due ricercatori: il prof. Paolo Papotti dell’Università Eurecom (Francia) e il prof. Immanuel Trummer della Cornell University (Stati Uniti). Essi hanno sviluppato un sistema informatico che verifica automaticamente le affermazioni sul coronavirus. CoronaCheck (presente anche in italiano all’indirizzo https://coronacheck.eurecom.fr/it) è un sito web dove verificare i fatti attraverso i dati ufficiali. Ad esempio, data una frase come «La mortalità in Italia è molto più alta che in Francia», il sistema risponde se questo è vero o falso. Ogni affermazione è verificata sulla base dei dati ufficiali, raccolti quotidianamente a partire dalla Johns Hopkins University da fonti quali l’Organizzazione mondiale della sanità, governi e ministeri della Salute dei vari Stati.

Inoltre – e questo è davvero rilevante – il sistema apprende dai feedback degli utenti come gestire nuovi tipi di affermazioni e come sfruttare nuove sorgenti di dati. Quindi il sistema riconosce le affermazioni che non sa verificare e, in questi casi, chiede all’utente di aiutarlo nel processo. Questa interazione crea nuovi esempi da cui il modello impara a verificare nel tempo nuovi tipi di affermazioni.

Il CoronaCheck è uno strumento di grande aiuto e può essere utilizzato sia dai grandi network per identificare e limitare le affermazioni false prima che queste diventino popolari, sia da ogni cittadino che volesse avere un supporto affidabile alla verifica delle informazioni che riceve.

Copyright © 2020 – La Civiltà Cattolica
Riproduzione riservata

***

CORONACHECK AND FAKE NEWS

With the spread of Covid-19, there has been a spike in misinformation about its origin, how it has spread and the effects. Incorrect and misleading statements were disseminated not only on social networks, but unfortunately also by politicians and institutions. We are dealing with what the World Health Organization (WHO) has called an “infodemia”, the circulation of an excessive amount of information that makes it difficult to limit the spread of fake news. For years the scientific community has focused on the problem. This research is particularly relevant and important. We point out one of these initiatives, the CoronaCheck, a website where facts can be verified through official data.

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Coronacheck e fake news

Antonio Spadaro

Sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione. Scrittore emerito de La Civiltà Cattolica.


2 Maggio 2020

Quaderno 4077

  • pag. 277 - 279
  • Anno 2020
  • Volume II

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Covid-19 Informazione Media

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