
Camillo Benso conte di Cavour, di cui quest’anno ricorre il 160° anniversario dalla morte[1], fu «il grande regista» del Risorgimento nazionale, un uomo di Stato abile e intelligente, che seppe compiere «il primo miracolo italiano: l’Italia»[2]. Egli fu un vero maestro della politica, ma di quella politica che è «sottile arte della mediazione e della tessitura»[3], trionfo del sano pragmatismo su ogni visione romantica e utopistica della stessa. Eppure, una volta egli ebbe a dire che in politica «ogni piano, ogni progetto è inutile, tutto dipende da un accidente […]. La storia è una grande improvvisatrice». Ed è per questo – aggiungeva – che «bisogna prendere la fortuna per i capelli»[4]. Essere cioè pronti ad agire al momento giusto. Ed è appunto questo ciò che egli fece nella sua lunga attività di uomo politico (1848-61).
Cavour, divenuto presidente del Consiglio dei ministri nel 1852, perseguì instancabilmente l’espansione del Regno di Sardegna in vista della creazione di un Regno dell’Alta Italia in grado di stabilire la sua egemonia su un’Italia indipendente, e soltanto successivamente, in circostanze che egli non aveva affatto previsto, abbracciò la prospettiva unitaria. «L’esito del Risorgimento nazionale e della sua dialettica politica e sociale nel 1859-60 – scrive Massimo Luigi Salvadori – smentì sia le aspettative di Cavour, poiché approdò alla formazione di uno Stato unitario che a lungo egli aveva ritenuto sia non auspicabile sia impossibile»[5], sia quelle di Giuseppe Mazzini riguardo alla creazione di uno Stato democratico e repubblicano, che cresce dal basso. In ogni caso, il conte piemontese ebbe il merito di riuscire a inglobare nel proprio disegno politico l’imprevedibile azione insurrezionale di Garibaldi, il prestigioso liberatore del Mezzogiorno, che, partito con le sue mille «camicie rosse» dalla Liguria, portò a conclusione un’impresa che quasi nessuno, a partire da Vittorio Emanuele II, aveva creduto possibile[6].
Il conte di Cavour fu, per quanto riguarda la politica, un abile «trasformista», amante del compromesso e del centrismo. Fu il grande tessitore del cosiddetto «connubio» tra le forze politiche moderate presenti nei due opposti schieramenti del Parlamento sabaudo. In questo modo creò una solida maggioranza di centro – di cui egli fu capo incontrastato –, che assicurò per anni alla sua azione riformatrice di governo in senso liberale la giusta copertura parlamentare. Il Parlamento infatti fu la prima leva del potere personale di Cavour. Egli fu il vero artefice
Contenuto riservato agli abbonati
Vuoi continuare a leggere questo contenuto?
Clicca quioppure
Acquista il quaderno cartaceoAbbonati
Per leggere questo contenuto devi essere abbonato a La Civiltà Cattolica. Scegli subito tra i nostri abbonamenti quello che fa al caso tuo.
Scegli l'abbonamento