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ABSTRACT – Il Mwalimu (maestro) Julius Nyerere (1922-1999), primo presidente della Tanzania, era convinto che fosse un dovere morale quello di proteggere le risorse presenti nel Paese. Per questo ha dedicato un’area di 945.000 chilometri quadrati (il 30% del suo territorio) alla conservazione della fauna selvatica, con 14 parchi nazionali, 31 riserve di caccia e 38 aree di caccia controllate. La Tanzania ha invitato altre nazioni a collaborare in questo importante compito, il cui successo o fallimento non riguarda soltanto il continente africano, ma anche il resto del mondo.
Purtroppo però il rischio di estinzione per alcune specie, in particolare gli elefanti, è cresciuto esponenzialmente negli anni, a causa del bracconaggio; e un recente rapporto del Research Service del Congresso americano fa notare che il racket internazionale rifornisce attualmente un mercato di selvaggina e di prodotti ricavati da animali selvatici del valore di circa 133 miliardi di dollari.
Le materie prime, come i corni di rinoceronte, offrono ai trafficanti due vantaggi che raramente coesistono: prezzi elevati e basso rischio. Nel 2014 da un corno di rinoceronte si potevano ricavare fino a 50.000 dollari per chilogrammo: più dell’oro e del valore della cocaina sulle strade americane. I proventi del traffico illegale della fauna selvatica sono considerati molto più ingenti di quelli del contrabbando di armi leggere, oro, diamanti e petrolio. Anche per questo, il racket sta globalizzandosi e diversificandosi. Le mafie monoetniche e gerarchiche vengono sostituite da reti multietniche che operano su base transnazionale. Tra l’altro, è sempre più dimostrato che il bracconaggio finanzia organizzazioni criminali e terroristiche in diverse parti dell’Africa. Dall’altra parte, le sanzioni e le pene connesse al traffico illegale di animali selvatici sono «irrisorie» se confrontate con quelle previste per altri reati e altri racket.
La caccia di frodo e il commercio illegale della fauna selvatica sono pertanto un’industria criminale in grado di destabilizzare intere regioni e minacciare lo sviluppo sostenibile, e dunque dovrebbe destare preoccupazione per il mondo intero.
Il bracconaggio infine si rivela anche come un ulteriore esempio del fallimento del libero mercato, non del suo successo. Il problema è come impedire o correggere tale errore.
L’aumento della prosperità economica in Asia orientale, soprattutto in Cina, Thailandia e Vietnam, dove l’avorio e i corni di rinoceronte sono considerati degli status symbol, preziosi per più di un motivo, ha innalzato esponenzialmente la domanda, con implicazioni molto gravi per i Paesi che ospitano elefanti e rinoceronti. Quindi il problema non è più semplicemente economico, ma anche morale, perché comporta costi sociali e ambientali, oltre a quelli economici.
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POACHING: A MORAL PROBLEM, AND A MARKET FAILURE
The protection of precious wildlife has been imposed as a moral problem since the 1960s. Nevertheless, today, international traffickers supply the market with wildlife and products deriving from it for an estimated value of 133 billion dollars a year. Materials such as ivory tusks and rhinoceros horns offer the traffickers two advantages that rarely coexist: high prices and minimum risk. Traders and consumers, especially in China, Thailand and Vietnam, will have to agree not to sell or buy these illegally obtained products, however beautiful and expensive they may be considered. The Author is a professor at St. Augustine University of Tanzania.