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In questo libro il filosofo Vittorio Possenti intende rilanciare un pensiero della storia e della politica facendo perno sulla teologia dell’Incarnazione, ovvero sulla nuova articolazione del rapporto tra umano e divino che quell’evento ha reso possibile. Secondo l’A., la crisi del senso nel nostro tempo si radica nel peso eccessivo che il mondo moderno dà al negativo, al nulla, invece che alla realtà e al suo dinamismo. Si impone allora un ripensamento del nesso tra storia e trascendenza nel quadro di una filosofia dell’essere che ha i suoi riferimenti in Tommaso d’Aquino e Jacques Maritain, ma che si confronta anche con autori come Walter Benjamin, Theodor Adorno, Giorgio La Pira, Max Horkheimer.
Molte sono le riflessioni trattate nel volume, che si suddivide in tre parti: una prima, che ruota attorno al tema della teologia politica e della sua presunta «liquidazione» (Carl Schmitt, Erik Peterson, Jan Assmann, Hans Blumenberg); una seconda, dedicata alla filosofia della storia (Karl Löwith, Jacques Maritain, Reinhold Niebuhr, Karl Jaspers); e una terza, che si sofferma su alcuni problemi del presente. Ci limitiamo qui ad alcune sottolineature che toccano il nodo teorico di fondo.
Col cristianesimo, la storia – sia quella generale della civiltà umana sia quella individuale di ciascuno di noi – acquisisce una densità e un’intensità che non era concepibile nel mondo antico: il tempo perde il suo carattere omogeneo, circolare e ripetitivo; alla ciclicità si sostituisce l’irruzione della novità e dell’inaspettato. Il mondo non è però un caos, ma una realtà che rimanda a un ordine che lo trascende e che va interpretato. Nel suo essere a termine e non infinito, lo scorrere della storia incalza l’uomo, chiamato a prendere posizione e a modellare la vita terrena. Questa dimensione escatologica non si dirige verso la catastrofe, ma verso il rinnovamento di tutte le cose. Come afferma Maritain, la storia segue un percorso ambivalente in cui il bene non prevale mai del tutto, ma attende un soccorso che non può venire che dall’alto e che rimane dono.
La dinamica del Verbum Caro implica inoltre una valorizzazione del profano, non solo del carnale, ma anche del politico, del sociale e dell’economico. La sequela del Vangelo non va quindi interpretata come fuga dal mondo o rifiuto dell’azione. La religione contiene invece una portata critica, un surplus etico e conoscitivo, offrendo modelli di convivenza e contributi cognitivi. La città terrena non coinciderà mai con il Regno, che però rappresenta un motivo di invocazione e di ispirazione per i suoi costruttori. Si pone così il problema della traducibilità del teologico nell’oggi, che, secondo l’A., non può prescindere dallo strumento dell’analogia.
I cristiani di ogni epoca devono trovare i modi più adeguati per animare le realtà terrene, cosicché la politica assuma un volto sempre più umano, attenuando i mali della vita. Allo stesso tempo, sacro e profano, Dio e Cesare non vengono confusi. L’unicità del Salvatore esclude nuove forme di salvezza che vengono dal mondo e dagli uomini. Il più alto pensiero cristiano ha sempre denunciato la strumentalizzazione della sfera religiosa da parte del potere mondano. Un esempio significativo è la critica alle religioni politiche dei totalitarismi del Novecento. In questo orizzonte, Possenti critica anche la pretesa della tecnica di voler trasformare l’essere umano in altro da sé e di fare della procreazione del figlio una mera produzione tecnica.
Nel Cristo l’uomo ha preso coscienza del suo rapporto unico con Dio. L’Incarnazione significa quindi il valore universale di ciò che è individuale e concreto. L’A. insiste qui sulla necessità di un nuovo «umanesimo inclusivo», ovvero integrale, non antropocentrico, ma capace di tenere insieme la carne e la trascendenza. Al suo centro sta un’idea di persona come di sostanza individuale che esercita l’atto primario di esistere pur nella sua originaria apertura alla relazione. In merito alla persona, Possenti approfondisce le critiche, già sviluppate in precedenti volumi, alle filosofie del Neutro e dell’Impersonale (in specie l’Italian Theory), del transumano e del postumano.
Il libro, come recita il titolo, ha un carattere di incoraggiamento rivolto al pensiero cristiano affinché affronti i grandi temi del presente senza il timore dell’inattualità, ma prendendo coscienza delle sue potenzialità: «La filosofia cristiana della storia, una relativa rarità nel moderno, può paradossalmente trovare nei decenni confusi che stiamo vivendo un tempo favorevole: l’impegno teorico moderno sulla concezione strettamente secolare della storia appare declinante, e il terreno è sgombro per nuove partenze. […] Può ancora il cristianesimo essere facitore di storia? La domanda è pungente e non può essere evitata» (pp. 158 s).