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Configurare il mondo è il compito specifico della politica. Lo scopo della religione è, invece, la realizzazione del sacro. Eppure, afferma il gesuita Felix Körner, islamologo di chiara fama, «noi vediamo già che la religione è, come la politica, una delle grandi pretese di configurazione delle società» (p. 5). Si tratta di una deviazione indebita? No, risponde l’A., perché le religioni fin dall’origine detengono e manifestano una componente politica. Certo, possono verificarsi gravi forme di corruzione dell’autentico significato dell’espressione «religione politica», ma, di per sé, essa descrive bene il volto autentico dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam, in quanto ciascuna delle tre concezioni religiose porta con sé anche la convinzione di poter proporre una configurazione pubblica del mondo.
Da qui, secondo Körner, scaturisce anche la necessità di una nuova teologia politica, che si occupi di «come può una religione influenzare la convivenza e le relazioni di potere e come essa stessa è influenzata da quelle» (p. 6). Proprio questo genere di teologia politica costituisce l’oggetto di questo libro, che non compie una semplice equiparazione fra le diverse religioni: «Chi scrive – afferma l’A. – è un teologo cattolico dedito all’islamologia. Considero ciò che è islamico con grande interesse, ma dall’esterno. Questo non è un libro di studio comparato, ma un’ecclesiologia cattolica che vuole imparare anche dalle testimonianze dei musulmani» (p. 8).
Il percorso seguito da Körner è suddiviso in sette tappe, corrispondenti ad altrettanti capitoli del volume, nei quali vengono discussi i seguenti temi: la religione come cultura, come fondazione di una nuova identità, come legittimazione del potere e della violenza, come relativizzazione e critica del potere umano, come rappresentanza della debolezza, come ispirazione di una civiltà plurale, come riconoscimento dell’altro. Giunto al termine del suo impegnativo cammino, l’A. afferma che la formula migliore, «sufficientemente aperta per indicare l’intero spettro delle relazioni religiose» (p. 247) e capace di smascherare quelle false è la seguente: «La religione è il riconoscimento dell’altro» (ivi).
Questa definizione permette a Körner di vagliare i vari volti con cui si presenta la dimensione religiosa e di criticare quelli che, in realtà, costituiscono un tradimento dell’autenticità di essa, il che avviene soprattutto quando in nome di un credo religioso si ricorre alla violenza: definire la religione come riconoscimento dell’altro mette al riparo da questo rischio. All’esplicitazione di tale definizione è dedicato l’ultimo capitolo del libro, che conduce il lettore alla seguente conclusione: «Esistono quindi ragioni teologiche […] del fatto che una religione è fedele a se stessa solo se fa valere il suo potere di configurazione del mondo, ma non con la violenza, bensì nella forma del riconoscimento dell’altro» (p. 248).