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Un libro che tra titolo e sottotitolo usa ben due volte la parola «anima» desta già curiosità. «Anima» è tra i vocaboli più presenti e più sfuggenti della cultura occidentale. Forse l’aspetto inafferrabile del termine non deriva tanto dalla sua astrattezza, ma piuttosto dalla sua estrema consistenza che lo rende perfino scomodo. Infatti «anima» significa «vento», «aria», «respiro». Certo, l’aria non si vede, ma prova a non respirarla per qualche minuto (pochissimi!) e ti accorgerai quanto è concreta e vitale. Senz’aria e respiro non avremmo la voce che, quasi sempre, dice più delle parole. Inoltre, l’aria espande la presenza di una persona, trasportandone il profumo. L’anima assomiglia all’aria: imprendibile, indefinibile e imprescindibile.
Rossella Barzotti, psicologa, psicoterapeuta, docente presso la Pontificia Università Lateranense, e Roberto Cetera, giornalista dell’Osservatore Romano, teologo e un tempo docente in un liceo romano, sostengono che anche la scuola ha un’anima. È necessario che l’anima della scuola goda buona salute, altrimenti ne andrebbe dell’intera esistenza del sistema educativo. Del resto, negli esseri umani difficilmente le malattie dell’anima restano confinate nell’invisibilità; anzi, si manifestano con disagi che coinvolgono il corpo.
Questo libro cerca di descrivere l’indefinibile anima della scuola. Come l’aria è risultato di diverse componenti, di tempi lunghissimi ed emergenze puntuali, così anche un’anima e l’anima della scuola. Perciò il libro, con osservazioni acute, buon senso e linguaggio affabile, onora la distinzione e la convergenza dei molteplici fattori che compongono l’anima della scuola: gli insegnanti, gli studenti, la famiglia di origine degli studenti (ma perché non anche la famiglia di origine dei docenti, essa pure fonte di consolazione e causa di tensioni e amarezze certamente influenti sulla qualità dell’insegnamento?). A ciò si aggiunge un elemento troppo spesso considerato solo funzionale, in realtà costitutivo di un’anima: il luogo, il «dove» della scuola. Al fine di conoscere qualcuno, la domanda «Dove sei? Di dove sei?» è tanto importante quanto l’interrogativo «Come ti chiami?». Ci sentiamo a casa dove spazi, persone e cose concorrono a liberarci dalla paura e, accogliendoci così come siamo, accendono in noi il desiderio e il coraggio di diventare come potremmo e dovremmo essere.
Particolarmente apprezzabile è l’approccio utilizzato: con un’analisi argomentata e partecipe, gli AA. descrivono la vetrina delle questioni educative e scolastiche partendo dal retrobottega della storia passata e recente di ogni singolo aspetto dell’anima della scuola. Il risultato è che, oltre alla generale inadeguatezza del «dove» scolastico, emergono inquietudini e fatiche in ciascuna delle altre componenti. Visti la comune difficoltà e i medesimi intenti, ci si aspetterebbe un patto tra genitori e scuola. Purtroppo la soluzione scelta da entrambi è la scorciatoia dell’accusa e incomprensione reciproca. Questo causa in ciascuna delle due parti un profondo senso di inadeguatezza e la tentazione del distacco affettivo e operativo dai propri impegni. Invece, «la cooperazione e la sinergia tra famiglia e scuola sono fondamentali per il successo del processo educativo» (p. 111). La precisa diagnosi è accompagnata da una serie di suggerimenti garbati e sapienti, in quanto nati dalla competenza e dall’esperienza diretta.
È un libro gentile: indica le criticità senza spaventare. Non si rivolge all’anima della scuola, dicendo innanzitutto: «Tu devi!», ma piuttosto: «Tu puoi», «Tu riuscirai». Perciò risulta incoraggiante e aiuta a immaginare un futuro possibile. Speriamo che arrivi tra le mani di tanti dirigenti scolastici, docenti e genitori, e che sia letto e discusso anche in gruppi di studenti. Loro hanno più futuro davanti agli occhi. Chissà cosa potranno inventare grazie a questo gentile incoraggiamento!