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Per «Terzo settore» (o ambito non profit) – denominazione che è apparsa in Europa alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, e in Italia alla fine degli anni Ottanta – si intende l’insieme di quegli enti privati che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Di fatto, tutti quegli enti che operano e si collocano al di fuori degli altri due settori: quello pubblico, proprio dello Stato (in quanto sono enti di natura privata); e quello commerciale, perciò specifico delle imprese (in quanto sono enti che non hanno come fine il profitto).
La legislazione italiana disciplina il Terzo settore e gli enti che lo compongono (ETS), definendone il contenuto nell’art. 1, 1° c. della Legge 106 del 6 giugno 2016: «Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi». In seguito, un decreto legislativo ha fissato le regole comuni per gli enti del Terzo settore, salvaguardando normativamente le forme di organizzazione già tipizzate, restando di conseguenza presenti nell’Ordinamento giuridico italiano le organizzazioni di volontariato (OdV) e le associazioni di promozione sociale (APS), sebbene con caratteristiche leggermente modificate rispetto all’impostazione delle leggi istitutive.
Il Codice stabilisce regole più semplici per il riconoscimento della personalità giuridica di associazioni e fondazioni, e richiama la legge istitutiva delle società di mutuo soccorso, pur agevolando la trasformazione di queste nella nuova tipologia degli ETS. Il Decreto ha inoltre abolito la qualifica fiscale di «Onlus» (e il relativo acronimo). Dal 2021 gli enti del Terzo settore sono censiti, per motivi di trasparenza, in un registro pubblico apposito: il Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS).
Alla luce dell’attuale disciplina, anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono essere considerati ETS, limitatamente però allo svolgimento delle attività di interesse generale. Tenendo presente questa possibilità, l’A. in questo volume vaglia una serie di soluzioni interpretative con l’intento di preservare la natura ecclesiastica dei vari enti della Chiesa cattolica che di fatto si trovano ad avere una specifica rilevanza contemporaneamente in due ordinamenti giuridici primari e originari: quello canonico e quello dello Stato italiano. Questo obiettivo trova il suo fondamento e la sua giustificazione nel riconoscimento, da parte dello Stato, dell’originale identità degli enti ecclesiastici cattolici in base agli artt. 2, 7 e 20 della Costituzione della Repubblica Italiana; all’art. 7, c. 2 dell’Accordo di Villa Madama del 1984; all’art. 14 della Legge 25 marzo 1985, n. 121; al Titolo I delle Leggi 20 maggio 1985, nn. 206, 222.
Sul fondamento di tale variegata normativa e nella sua prospettiva, l’A. presenta, nel primo capitolo, l’identità e la natura degli enti ecclesiastici, mentre nel capitolo successivo esamina la loro presenza nell’ambito del Terzo settore alla luce della disciplina normativa italiana. Nel terzo capitolo avanza delle proposte de iure condendo, finalizzate a «un approccio teso ad accogliere, con maggiore considerazione, i tratti organizzativi e funzionali, che contraddistinguono gli enti appartenenti alla Chiesa cattolica», riconoscendone la peculiare originalità e finalità. Una scelta che indubbiamente approderebbe a una legislazione di carattere pattizia, che senz’altro concretizzerebbe quella sana cooperatio tra la Chiesa e lo Stato indispensabile, oggi come non mai, alla realizzazione del bene comune della nostra società sempre più multietnica e multiculturale. Le proposte finali dell’A. meritano considerazione, al fine di poter ancora valorizzare il principio pattizio e ipotizzare superamenti dei primi dubbi, causati da una legislazione statale che, in tale ambito, finora è unilaterale.