|
Giuseppe Dossetti (1913-96) «ha attraversato quasi un secolo di storia, spendendo la propria azione in alcune delle fasi più difficili che questo ha incontrato lungo il proprio svolgersi» (p. 12). Luigi Giorgi, coordinatore delle attività culturali dell’Istituto «Luigi Sturzo», con rigore e lucidità traccia un profilo di Dossetti, utilizzando un’ampia documentazione. Scrive della sua partecipazione appassionata alla Resistenza, alla campagna per il referendum Monarchia-Repubblica, ai lavori dell’Assemblea costituente. La politica è per Dossetti esigenza spirituale profonda, vocazione al servizio della comunità, missione.
Egli è un cattolico «integrale» – non integralista –, realista, dotato di spirito «profetico», culturalmente attrezzato, fornito delle doti necessarie all’organizzatore e promotore di azioni rivolte, nel dialogo e nel rispetto per le posizioni di amici e avversari, a favore dei poveri, degli umili, dei «senza storia». La sua adesione alla Democrazia cristiana, anche se non di rado segnata da contrasti e conflitti, è sincera. Il suo iter politico, creativo, contrassegnato da inquietudini (cfr l’atteggiamento critico nei confronti del Patto Atlantico), è ricco di speranza e di amore per la libertà.
L’impegno a Bologna con la candidatura a sindaco come capolista della Democrazia cristiana nelle elezioni amministrative del 1956, non solo in segno di obbedienza al suo vescovo, il card. Giacomo Lercaro, ma in vista di un’azione «di concreta mobilitazione e di altrettanto effettiva proposta programmatica» (p. 160), è una lezione di pedagogia politica. Bologna, prima e dopo lo scioglimento del gruppo dossettiano a Rossena, è «un’officina»: il Centro di documentazione è destinato a crescere e a fare scuola sul piano della cultura politica e religiosa.
Poi Dossetti diventa don Giuseppe e fondatore della Piccola Famiglia dell’Annunziata. La sua attività è instancabile. Il suo stabilirsi in Terra Santa non è solo un fatto religioso nei termini della grande tradizione della Chiesa: egli ha nel cuore il messaggio del Concilio Vaticano II, che vive in profondità con la preghiera e lo studio. La Piccola Famiglia è l’estrinsecarsi delle sue idealità e va a collocarsi là dove più forte si leva il grido di riscatto: «Prima ancora di andare in Terra Santa, ancora negli anni ’65-’66, pensavamo di andare in Calabria: ci attirava anche là una situazione di contrasto tra una grande tradizione spirituale, specie di vita eremitica e monastica (san Nilo, san Bruno, san Francesco di Paola) e una situazione di Chiesa piuttosto gracile e di società civile in grave conflittualità» (p. 200). Il suo impegno per il rinnovamento della società e della politica non è scindibile da quello per il rinnovamento delle istituzioni ecclesiali e la riforma della Chiesa. Tutto nasce dal suo anelito alla pace.
L’A. richiama l’attenzione sul dolore di Dossetti per l’assassinio di Moro; sulla sofferta lettera del settembre 1982 a Begin, primo ministro israeliano, dopo il massacro di profughi palestinesi nei campi di Sabra e Chatila, in Libano; sul trasferimento di alcune suore della Piccola Famiglia a Monte Sole, teatro di una strage feroce compiuta dai nazisti; sul desiderio di Dossetti di essere seppellito in quel territorio, nel cimitero di Casaglia; sul suo rientro in Italia all’inizio dell’era berlusconiana.
Il messaggio di fede e di carità politica di Dossetti suscita, in tempi tristi di populismi, di guerre e di aggressioni, nostalgia per la buona politica e alimenta la speranza di un rinnovato impegno dei cattolici nella storia.