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Questo libro del gesuita Mario Imperatori, professore di teologia sacramentaria presso la sezione San Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, è indubbiamente caratterizzato, secondo l’espressione di Piero Coda (che ha curato la Prefazione), da «singolare vigore e pro-vocante parresia» (p. 6). E non poteva essere diversamente, visto il tentativo, tanto attuale quanto raro, di affrontare teologicamente tematiche quali l’imprescindibile primato della fede nel matrimonio, il fenomeno detto «omosessuale» – e con esso anche quello della bisessualità e della transessualità – e il tema «teologicamente congelato» dei corpi gloriosi alla luce della corporeità sessuata e gloriosa dell’Assunta.
La famiglia, l’omosessualità e l’escatologia indicano, fin dal sottotitolo, i tre capitoli nei quali l’A. ha suddiviso la riflessione: tre contributi nati in contesti differenti, tutti messi alla prova dall’eterno lasciarsi generare del Figlio Sposo dell’umanità redenta. La riflessione di p. Imperatori affronta «l’importanza cruciale del senso teologico dell’umana e dinamica polarità dei sessi, in quanto in essa si gioca la relazione con Dio» (p. 11). I concetti di «figlio», riferito già a Israele e a figure profetiche dell’Antico Testamento, e di «sposo», metafora che percorre tutta la Scrittura, sono imprescindibili per comprendere quello che l’A. considera il fondamento della distinzione sessuale: «l’eterna e trans-sessuale generazione del Figlio» (p. 124).
Il termine «trans-sessuale» non è qui utilizzato nel senso scientifico, ma è caricato di un duplice senso teologico. In ambito trinitario, indica «l’origine trascendente della distinzione sessuale umana, la sua ultima condizione di possibilità teologica, individuandola nella distinzione delle Persone divine e nella loro reciproca e feconda autodonazione nell’Amore che proprio tale distinzione rende possibile». In ambito cristologico, la trans-sessualità, vista la correlazione tra l’umanità glorificata del Risorto e il polo maschile assunto, «indicherà invece una trascendenza rispetto all’esercizio puramente terreno della polarità dei sessi, nel duplice significato unitivo e procreativo che essa implica» (p. 13). La polarità sessuale, antropologicamente insuperabile, «trascende non solo la sua dimensione strettamente biologica, ma anche quella antropologica», e il concepimento sponsalmente verginale di Maria, non senza l’apporto di Giuseppe, «custodisce come nessun altro questo Mistero teologico della distinzione dei sessi, della sua generatività, così come del suo trascendersi in Dio, senza però che in Lui tale polarità possa mai annullarsi» (p. 67).
Questo è il motivo dell’«estrema serietà, teologica prima ancora che morale, di ogni singolo atto omoerotico» (p. 80). È vero che la distinzione sessuale è stata causa di esperienze di dominio e abuso, fino a proiettare persino in Dio la figura di un padre-padrone, ma proprio per questo è estremamente necessario riscoprire la sua vera origine teologica e, «proprio perché teologicamente radicata in Dio, in nessun modo potrà perciò venir eliminata in nome delle modalità problematiche in cui essa si è storicamente potuta concretizzare» (p. 106). Il fondamento teologico della polarità sessuale permette all’A. di riconoscere quali siano le verità impazzite alla base dei fenomeni antropologici quali l’omosessualità, la bisessualità, la transessualità: la perversione della «loro originale e ontologica relazione con il lasciarsi trans-sessualmente generare del Figlio Sposo nell’eterno grembo del Padre. E nel tempo e per l’eternità in quello di Maria come vero uomo» (p. 94).
I temi affrontati dall’A. vengono analizzati da un punto di vista esclusivamente teologico, fondamento di ogni impostazione morale o psicologica che voglia dirsi cristiana. Molto utile è la quarta parte dello studio, nella quale viene offerta una sintesi del percorso svolto, individuando la vera e cruciale sfida di oggi: «la consapevolezza della bellezza e della ricchezza di poter essere diversamente umani nell’uomo e nella donna e del rapporto di questa relazionale bellezza con la Bellezza divina e trascendente» (p. 123).