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Cultura e società

Welcome

Virgilio Fantuzzi

3 Luglio 2010

Quaderno 3841

FILM

a cura di V. FANTUZZI

Welcome (Francia, 2009) Regista: PHILIPPE LIORET. Interpreti principali: V. Lindon, F. Ayverdi, A. Dana, D. Ayverdi, T. Godard, S. Akgül, F. Celik, M. Subasi, O. Rabourdin.
Bilal (Firat Ayverdi), è un diciassettenne curdo che, dopo aver percorso migliaia di chilometri a piedi o con mezzi di fortuna, viaggiando talvolta sotto i camion o sotto i treni, è giunto a Calais, dove conta di potersi imbarcare per la Gran Bretagna. A Londra lo attende Mina, la coetanea sua connazionale, sorella di un suo amico, della quale è perdutamente innamorato. Il papà di Mina, immigrato nel Regno Unito con la famiglia, ha altri progetti matrimoniali per la figlia. Vuole farle sposare un cugino, immigrato prima di loro, che sta per aprire un ristorante e promette lavoro al padre e al fratello della ragazza. Bilal tenta invano di mettersi in contatto con Mina, per comunicarle il suo prossimo arrivo. Il telefono di Mina è controllato dal padre. La cabina dalla quale Bilal tenta di telefonare è assediata da altri immigrati che, come lui, vagano nella cosiddetta «giungla» di Calais.
Bilal è uno tra le migliaia di uomini in fuga dai loro Paesi di origine e determinati a raggiungere la Gran Bretagna che, ai loro occhi, appare come un Eldorado. Dopo un viaggio estenuante, irto di pericoli imprevedibili, si trovano bloccati a Calais, frustrati, maltrattati e umiliati, a pochi chilometri dalla costa inglese, che riescono persino a vedere in lontananza. La loro situazione è resa ancora più difficile dalla legge sull’immigrazione voluta da Sarkozy, che punisce con cinque anni di reclusione i cittadini francesi che aiutano i clandestini. Tra le conseguenze di questa legge, contro la quale prende posizione il coraggioso film Welcome di Philippe Lioret, c’è stata la messa sotto inchiesta dell’organizzazione umanitaria Emmaüs, fondata dall’abbé Pierre.
Le guardie di frontiera controllano la presenza di clandestini a bordo dei veicoli in transito con l’uso di apparecchi che rilevano l’emissione di anidride carbonica. Bilal non ce la fa a viaggiare con il capo stretto in un sacchetto di plastica. Quando è stato fatto prigioniero in Turchia, lo hanno lasciato per 10 giorni con le mani legate e il capo chiuso in un sacco nero. L’esperienza gli ha provocato una fobia invincibile. Dovrà trovare un altro modo per attraversare la Manica. Da qui il suo incontro con Simon (Vincent Lindon), già campione dei 400 metri stile libero e ora istruttore di nuoto in una piscina. «How much for the lesson?». Il primo impatto tra i due non è entusiasmante. Simon è scombussolato da quando la moglie (Audrey Dana) lo ha lasciato. Senza sapere nulla l’uno dell’altro, Bilal e Simon soffrono dello stesso male: la separazione dalla persona amata. Per Bilal la distanza è tangibile: 10 chilometri di mare a 10 gradi di temperatura (siamo in inverno). Per Simon la distanza è diventata siderale da quando, nel momento in cui sua moglie lo lasciava, non ha avuto il coraggio di attraversare la strada per trattenerla.
Entrambi introversi e riservati, Bilal e Simon fanno conoscenza a poco a poco. «Perché vuoi imparare a nuotare?». L’ex-moglie di Simon lavora come volontaria, assieme al suo nuovo compagno, nella mensa che offre pasti caldi agli immigrati. Forse per far colpo su di lei, che lo accusa di essere indifferente nei confronti dei derelitti, Simon ospita Bilal nel suo appartamento semivuoto. In questo modo diventa «complice» agli occhi del poliziotto locale (Oliver Rabourdin), che ha il compito di individuare tra gli abitanti di Calais coloro che aiutano gli stranieri in situazione irregolare. Doppiamente colpevole per il vicino di pianerottolo, che ostenta sullo zerbino la scritta «Welcome» dalla quale il film trae per antifrasi il titolo, il quale lo accusa di favorire i clandestini e insinua sospetti sulla natura dei rapporti tra maestro e discepolo, Simon finisce nei guai.
Più le cose vanno avanti, più Simon si sente coinvolto nella vicenda personale di Bilal. Il quarantenne deluso dalla vita vede nel giovane un altro se stesso, ma al meglio delle proprie possibilità. Quando Bilal sparisce, nel denunciare alla guardia costiera la sua scomparsa, Simon, invitato a declinare i dati anagrafici del ragazzo, lo indica come suo figlio. È il momento del film nel quale la personalità del maestro di nuoto subisce una profonda trasformazione. Non vogliamo dire come la vicenda va a finire. Il film va visto e basta. Ci limitiamo a riferire una testimonianza del regista: «Quando mi sono recato a Calais assieme al mio cosceneggiatore Emmanuel Courcol per prendere contatto con le organizzazioni no profit che aiutano gli immigrati, vedendo la vita infernale dei rifugiati, tra racket dei contrabbandieri, vessazioni della polizia, centri di detenzione… quello che ci ha sorpreso di più è l’età degli immigrati. Il più vecchio aveva meno di 25 anni. Una volontaria dell’organizzazione Salam ci ha detto che molti di loro, come tentativo estremo, hanno provato ad attraversare la Manica a nuoto. Mentre tornavamo a Parigi, le nostre menti erano così prese da quanto avevamo visto e udito che in macchina non abbiamo scambiato neanche una parola».

Non è disponibile la versione digitale di questo articolo, è possibile leggerlo solo nella versione cartacea o e-book


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Welcome

Virgilio Fantuzzi

Già scrittore de "La Civiltà Cattolica" (1937 - 2019).


3 Luglio 2010

Quaderno 3841

  • pag. 105
  • Anno 2010
  • Volume III

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Cinema

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