TELESIO
Franco Battiato, Telesio, opera in due atti e un epilogo. G. Brogi (Telesio), A. Altomonte (Il prelato), C. Amendola (La dama), D. Ljubojevic (Voce femminile), P. Lopez (Sopranista), J. Camisasca e F. Battiato (Voci maschili); Royal Philharmonic Orchestra, The London Baroque Choir, C. Guaitoli (pianoforte), A. Privitera (tastiere), C. Boccadoro, direttore.
Franco Battiato, che avevamo trovato per una collaborazione nel cd dedicato a Fabrizio De André (cfr Civ. Catt. 2012 I 318) è scrittore, regista, pittore: nel libretto della presente pubblicazione c’è un suo significativo ritratto di Telesio. Nel versante musicale è tra i più autorevoli cantautori e si è espresso nella canzone di successo (Per Elisa, 1981), nella composizione colta (Messa arcaica, 1994), nella musica per film e per la tv (Brunelleschi, 1974), riuscendo sempre a interessare o, addirittura, a sorprendere.
Questa dedicata al filosofo e naturalista cosentino Bernardino Telesio (1509-88) è la sua quarta opera per il teatro dopo Genesi (1987), Gilgamesh (1992) e Il cavaliere dell’intelletto (1994) non registrata in cd. È stata commissionata dal Comune di Cosenza per il Teatro Rendano ed è andata in scena dal 6 all’8 maggio 2011, non con tutti gli stessi interpreti della registrazione per il cd. Particolare significativo, la rappresentazione è stata realizzata con la tecnica olografica, per cui, tranne poche eccezioni, attori e cantanti non sono realmente sul palco, sostituiti dalle loro immagini tridimensionali, che si susseguono le une alle altre tramite una peculiare dissolvenza. In futuro si annuncia il dvd per cui si potrà non solo ascoltare, ma assistere a questo spettacolo, essenziale nei gesti, molto curato nelle scene e nei costumi, con alcuni momenti di danza, per la coreografia e le interpretazioni di Sen Hea Ha e di altri due ballerini.
Il testo, letto, recitato e cantato in varie maniere e stili, è ispirato ad alcuni momenti della vita e, più in generale, al pensiero e agli scritti di Bernardino Telesio, ed è stato rivisto da Battiato a partire da una prima stesura che, come di consueto, è stata affidata al poeta e letterato Manlio Sgalambro. Non dobbiamo pensare ad un’opera di impostazione tradizionale, anche quando leggiamo che si articola in 21 quadri, divisi in due atti, e conclusi da un epilogo. Questi «momenti» sono quasi tutti della durata di due-tre minuti, salvo pochi casi, quando i pensieri del protagonista si espandono nel «sogno» (n. 4), la natura diviene oggetto di contemplazione (n. 7), si risponde con una dichiarazione di fede alle accuse generate dall’invidia per la fama acquisita (n. 12), si rievoca la spontaneità di un amore giovanile romano (n. 15).
Il primo atto vuole presentare alcuni passi importanti del pensiero di Telesio, sospeso tra visioni antiche e studi innovativi sul creato, in una sorta di alternativa irriducibile che alla fine poeticamente si esprime: «Sono un essere dormiente intento a oscillare tra vita e sogno» (n. 3). Telesio-Battiato si domanda se si debba ricercare una verità fondante lassù nei cieli o piuttosto nell’intimo di se stessi. Il secondo atto non è del tutto dissimile, ma è più variegato, più ricco di contrasti e di momenti particolari. Proprio nella città natale, Cosenza, benché il suo pensiero sia stato accolto favorevolmente a Roma, a Padova, in altre città e università, Telesio subisce una fiera opposizione, ma soltanto a cinque anni dalla sua scomparsa alcune delle sue opere saranno poste all’indice. I sospetti di immanentismo e di presunto ateismo non impediranno a Pio IV nel 1564 di proporgli, dopo la morte della moglie, l’arcivescovado della stessa Cosenza, ma egli rinuncerà a favore del fratello Tommaso. Gli ultimi anni della vita di Telesio furono amareggiati dal misterioso assassinio del figlio maggiore, ma anche confortati dall’amicizia di uomini illustri come Torquato Tasso, e da tanti bei ricordi e, soprattutto, come immagina Franco Battiato, dal potere consolatorio della musica, che, nell’epilogo, sembra spendere le ultime note, fino al silenzio, sopra la tomba dell’illustre filosofo. Il n. 14, nel secondo atto, rievoca, attraverso una suggestiva interpretazione del Benedictus, la Missa Papae Marcelli di Palestrina, alla cui prima esecuzione Telesio aveva assistito. La musicalità della lingua latina è valorizzata in frequenti occasioni e nell’Attende Domine, et miserere (Ascolta Signore, e perdona, n. 18), il canto gregoriano è interpretato con una pertinente scioltezza, che a qualcuno non dispiacerà. Tra gli interpreti, oltre allo stesso Battiato, si distingue Giulio Brogi (Telesio) e va segnalata l’impegnativa direzione del tutto nelle mani di Claudio Boccadoro.