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La minaccia del crimine organizzato, nei Paesi in crisi di governance, è rappresentabile come «un elefante in una stanza»: non si può far finta di non vederlo, ma è troppo grande da affrontare, soprattutto con i mezzi repressivi. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha iniziato a includere nei suoi mandati di intervento il contrasto al crimine organizzato per evitare che esso si ingerisca nei processi di stabilizzazione politica ed economica. Ma per non minacciare la sovranità dei singoli Stati, l’Onu non possiede proprie Forze armate, non è dotata di una agenzia di intelligence, di una procura anti-«crimine organizzato transnazionale», né di una forza di polizia di pronto intervento nei casi in cui uno Stato sia incapace, o non voglia proteggere la sua popolazione dalle violenze della criminalità. L’Onu deve quindi chiedere, ogni volta, agli Stati membri l’invio di esperti di anti-mafia. Ma si tratta di competenze ancora scarse a livello globale.