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Cultura e società

Roberto Vecchioni, tra infiniti sogni e infinito amore

Claudio Zonta

18 Maggio 2024

Quaderno 4174

Roberto Vecchioni (foto: Fabrizio Iozzo)

Roberto Vecchioni, nato a Carate Brianza, ma di genitori napoletani, classe 1943, è uno dei maggiori esponenti della canzone d’autore italiana, ma anche romanziere, oltre che professore di materie classiche nei licei e docente universitario in diverse università. La sua vera e propria stagione musicale inizia nel 1971 con la pubblicazione dell’album Parabola, che contiene «Luci a San Siro», uno dei brani che lo accompagneranno per tutta la sua carriera concertistica. Nel 1973, con il brano «L’uomo che si gioca il cielo a dadi», dedicato al padre, partecipa al Festival di Sanremo, posizionandosi all’ottavo posto. Ma più che frequentatore del concorso sanremese, egli sarà spesso ospite al Club Tenco, che si svolge sempre nella medesima località e teatro, e al suo Premio, fondato nel 1974 da Amilcare Rambaldi, di cui dice lo stesso fondatore: «Vorremmo che tutti considerassero questa rassegna non solo spettacolo, ma riunione di amici del Club che ascoltano altri amici del Club»[1].

Solo a distanza di quasi quarant’anni anni, nel 2011, Vecchioni partecipa come autore e interprete al Festival di Sanremo, vincendo con la canzone «Chiamami ancora amore»; e nel 2024 accompagna, nella serata dedicata alle cover, il rapper Alfa, cantando insieme «Sogna ragazzo sogna», destando un forte consenso da parte del pubblico e della critica, soprattutto per il dialogo musicale che ne nasce tra le due differenti generazioni. Se, infatti, la canzone di Vecchioni termina con Sogna, ragazzo, sogna, / ti ho lasciato un foglio sulla scrivania, / manca solo un verso a quella poesia, / puoi finirla tu…, nella versione sanremese il giovane rapper prende lo spunto per cantare i suoi sogni e la sua ricerca, accettando un passaggio di testimone e concludendo il brano con un verso che, nella sua semplicità, rivela la propria meraviglia e stupore: Non so che cos’è l’amore, ma a volte lo percepisco / in un tramonto, uno sguardo, un disco. / E se mi guardo attorno, / penso che son fortunato. / Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato.

Il sogno

Sono proprio i sogni, legati ai desideri dei giovani, che costituiscono spesso il tema dei testi di Vecchioni. In «Per amore mio (Ultimi giorni di Sancho P.)»(1991) egli canta, rileggendo il celebre poema cavalleresco Don Chisciotte della Mancia, di Cervantes: Niente ha più realtà del sogno,mostrando come il sogno nasconda una condizione intima e fondamentale, radicata nella realtà, la quale sarebbe incompleta se vista

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Roberto Vecchioni, tra infiniti sogni e infinito amore

Claudio Zonta

Scrittore de La Civiltà Cattolica.


18 Maggio 2024

Quaderno 4174

  • pag. 387 - 397
  • Anno 2024
  • Volume II

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