Tempo fa, lo studioso Hans Maier si chiedeva, preoccupato, se la Chiesa avesse o meno «scoperto inutilmente i diritti umani». «Davanti ai problemi incalzanti, vuole forse rifugiarsi in un’etica intraecclesiale?»[1]. Qui lo studioso si riferiva, criticandolo, a un articolo dell’esegeta viennese Ludger Schwienhorst-Schönberger[2], secondo cui il dovere di prendersi cura sarebbe limitato ai «fratelli», così come viene espresso nel discorso di Gesù sul giudizio universale (cfr Mt 25,31-46), ossia ai fratelli di fede.
La controversia si riferiva alle dichiarazioni ecclesiali sui dibattiti intorno alla politica migratoria, agli eventi e alle contestazioni degli anni 2015 e 2016. Com’è noto, nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2015, Angela Merkel, dopo essersi consultata con il cancelliere federale austriaco del tempo, Werner Faymann, decise di non chiudere le frontiere tedesche che dall’Europa meridionale portano all’Austria e alla Germania. Questa decisione trovò un grosso sostegno nelle dichiarazioni della Chiesa e dei teologi, oltre che in una «cultura dell’accoglienza» vissuta con impegno in molte comunità ecclesiali. La «cultura dell’accoglienza»: un concetto che solo a nominarlo in altri ambienti suscitava inquietudine e provocava violenti invettive contro il «buonismo».
Ora, riandando a quel periodo e richiamandosi alle dichiarazioni del filosofo Konrad Ott, dello storico Heinrich August Winkler, come pure ad alcune considerazioni critiche precedenti di Hans Maier sulla teologia politica di Johann Baptist Metz, Schwienhorst-Schönberger rinfacciava alle prese di posizione ecclesiali la tendenza a restringersi in un’etica dei princìpi, che lascia poco margine a un’adeguata riflessione motivata da un’etica della responsabilità. Soprattutto – così si esprimeva l’esegeta viennese – dopo il 2015 «non di rado si è data l’impressione che l’universalismo etico abbia abolito le cosiddette “regole di preferenza”. Il cristiano allora non deve distinguere tra il vicino, il più vicino e il prossimo. Per un cristiano, infatti, ogni essere umano è il prossimo. Chi non lo vuole riconoscere annacqua il comandamento biblico dell’amore del prossimo, abbandonandosi al particolarismo etico».
Schwienhorst-Schönberger sottolineava come la regola delle preferenze abbia una collocazione propria nella teologia morale cattolica, e in ogni caso nella tradizione biblica. Con particolare riguardo al discorso di Gesù sul giudizio universale – «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40) –, secondo il biblista viennese nuove indagini esegetiche mostravano che «l’interpretazione universale della pericope è quasi sicuramente sbagliata». A sostegno della sua idea egli citava Gerhard Lohfink: «Nel Vangelo di Matteo,
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