Illustrissimo Signor Patriarca,
nelle settimane scorse ho avuto modo di rileggere alcune lettere che Lei scrisse quando era pastore di anime nella Sua terra natale, quel Veneto di antica tradizione cattolica che si andava così rapidamente trasformando negli anni della mia giovinezza[1].
Volevo congratularmi perché una Sua studiosa discepola – e devota ammiratrice! – Le ha dedicato molti anni di ricerche: fra i libri della Sua biblioteca personale, che erano rimasti un po’ qua e un po’ là, dopo vari traslochi, fra quelle Sue carte che Lei ogni tanto rileggeva anche prima di addormentarsi (come quel famoso 28 settembre…), e perfino nelle agende su cui Lei annotava rapidamente i Suoi appunti per le prossime prediche o gli impegni imminenti!
Pensi un po’ che dopo tutto questo lavoro la volenterosa signora ha infine ripreso quelle lettere immaginarie che Lei stesso aveva voluto raccogliere, ordinare e pubblicare con il titolo ben scelto di Illustrissimi, per rispetto agli autorevoli destinatari, e le ha ripubblicate, corredandole di un numero incredibile di note e informazioni[2].
Le dirò sinceramente che in quel lontano mese di settembre del 1978 in cui Le capitò inaspettatamente di diventare Papa, anche io avevo sentito parlare di quelle lettere e ne avevo scorse alcune, trovandole sagge e gustose. Ma poi successero tante altre cose, e non ci pensai più. Ora sono vecchio e Lei nel frattempo è diventato addirittura «Beato»!
Bene. Il 17 maggio scorso, nel pomeriggio, in un grande salone del Palazzo Ducale di Venezia, vicino a San Marco e al Patriarchio dove Lei ha vissuto il Suo ministero pastorale per più di otto anni, mentre, al di là dei finestroni, il sole accarezzava una meravigliosa Isola di San Giorgio, è stata presentata la nuova edizione di Illustrissimi, di cui Le accennavo. È stato bellissimo. C’erano il Cardinale Segretario di Stato (veneto pure lui e Suo estimatore, come Lei ben sa), l’Eccellentissimo Patriarca attuale, il Sovrintendente all’archeologia e belle arti, il Signor Sindaco, Eccellentissimi Vescovi e Autorità accademiche, civili e militari, studiosi, Suoi affezionati parenti… Hanno parlato in molti. La Lectio magistralis – oggi nelle grandi occasioni si dice così –, è stata tenuta dal Cardinale della Cultura, un dotto portoghese che, dato il luogo, ha opportunamente preso le mosse dalla Sua lettera al famoso editore veneziano Aldo Manuzio[3]. Sono stati ben declamati alcuni Suoi brani e non sono neppure mancati lieti intervalli musicali con canto e arpe: in
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