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ABTRACT – L’Indonesia è stata a lungo considerata il Paese-modello della tolleranza islamica. L’87% musulmano dei suoi 255 milioni di abitanti ne fa la nazione con il maggior numero di musulmani al mondo. Insieme a un 10% composto da cristiani, di cui quasi un terzo cattolici, a un 1,7% di induisti (nell’isola di Bali), e a un numero più ridotto di buddisti e di seguaci del confucianesimo, essi hanno convissuto in pace, sia pure con tensioni e conflitti. La libertà religiosa è sancita dalla Costituzione indonesiana, e il passaggio da una religione a un’altra di solito avviene senza problemi.
Negli ultimi tempi, però, un’ondata di populismo islamico ha suscitato la preoccupazione di molti indonesiani, anche di fede musulmana. Il motivo di questa inattesa esplosione identitaria islamica è stato il cosiddetto «caso Ahok». Basuki Tjahaja Purnama, detto «Ahok», è un cristiano protestante di origine cinese, all’epoca governatore della capitale Giacarta. Una persona dunque che per due diversi motivi appartiene a una minoranza. Ahok si è rivelato il governatore più valido di Giacarta degli ultimi 40 anni, ma lo scorso settembre, a causa di una sua incauta osservazione, ha dato ai suoi nemici lo spunto per accusarlo di blasfemia, con la mobilitazione di centinaia di migliaia di musulmani.
L’interrogativo che si pone è il seguente: la democrazia dell’Indonesia, basata sulla Pancasila, si affermerà, oppure i gruppi radicali otterranno un influsso sempre più grande che porterà a una situazione più simile a quella del Medio Oriente? E poi, l’islam indonesiano dominante, moderato, si affermerà davanti alla crescente pressione radicale ed estremista?
Ora, la storia indonesiana recente e dell’islam indonesiano in particolare offrono elementi di speranza. Ma se l’Indonesia si islamizzasse maggiormente, quali sarebbero le implicazioni per i 25 milioni e più di cristiani che vivono nel Paese?
In questo quadro va anche individuato il compito missionario dei cristiani indonesiani. La nostra presenza nella società indonesiana dovrebbe essere percepita come una stimolante fioritura di quanto di buono è presente in tutti coloro che incontriamo, a prescindere dal fatto che essi condividano o meno la nostra fede.
La via della convivenza pacifica può passare attraverso una coalizione tra i popoli di ogni credo religioso che dovrebbe concordare su tre punti: il rifiuto per principio della violenza nel nome delle religioni; vivere e mettere in pratica le nostre religioni in modo da non incutere timore; creare ambienti in cui le persone e le comunità di ogni credo religioso possano vivere e praticare il culto senza paura.
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WHAT IS THE FUTURE FOR CHRISTIANS IN INDONESIA?
Indonesia has long been considered the model country of Islamic tolerance, but in recent times it has suffered a wave of Islamic populism which has aroused concern. The article examines the history of Indonesian Islam and in what direction it could develop in the future; it shows the missionary task of Indonesian Christians and hopes for an agreement among religions on three points: the rejection of violence in the name of religion; to live and put religions into practice so as not to threaten; to create environments in which people and communities of every religious faith can live and practice fearless worship.