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ABTRACT – Un secolo fa moriva Léon Bloy: scrittore di raro talento, ma collerico e scandaloso. Era un giornalista che odiava i giornalisti, un profeta che imprecava contro la modernità, un teologo che detestava i preti; era anche un uomo spirituale, infuocato dal desiderio di Dio, che scandalizzava i cattolici ferventi. Non era proprio un santo, anche se ha colto in profondità «la tristezza di non essere santi»: la conclusione di un cristiano «vittorioso», al termine dell’Ottocento francese, che aveva tentato lo sforzo gigantesco di cancellare Dio.
Bloy è stato il primo scrittore moderno a essere menzionato da papa Francesco, il giorno dopo la sua elezione. Nell’omelia della Messa pontificale, egli ha detto: «Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio».
Ricordare alcune sue opere – La donna povera, Il disperato, Il sangue del povero, Pellegrino dell’assoluto e, soprattutto, Dagli ebrei la salvezza – suscita una profonda inquietudine, ma lascia emergere la sua ricerca spasmodica di essere testimone del Vangelo. Quest’ultima opera è un grido di protesta a favore degli ebrei, contro coloro che avevano dimenticato, o non volevano capire, il mistero della salvezza: «Il sangue di Cristo crocifisso e dell’eucaristia è sangue ebraico». Nel libro, l’autore riserva sia agli ebrei, sia ai cattolici – gli uni e gli altri popoli privilegiati –, un insieme di ingiurie legittime. Con una differenza: mentre delle invettive contro gli ebrei tutti si sono accorti e scandalizzati, di quelle contro i cattolici sembra non essersi accorto nessuno.
Quello che si suole rimproverare a Bloy è il suo vero titolo di gloria: il fatto di non essersi riconciliato mai con i ricchi, di non aver parlato d’altro che dell’orrore della sua generazione (era «la Belle époque», per lui l’età infame), di non aver mai rinunziato a gridare in favore dei poveri.
Il dolore e la sofferenza segnano la vita di Bloy, ma non negativamente. Egli confida al suo Diario: «Come avrei potuto scrivere i miei libri se fossi vissuto fra le delizie?». Bloy si sente davvero testimone dell’Assoluto: «Dio […] ci dà, non quello che gli chiediamo, ma quello di cui abbiamo bisogno. […] Non c’è disperazione, né amara tristezza per l’uomo che prega molto». Bloy ha sperimentato davvero quello che scrive. Con la sua testimonianza ha saputo guidare alla fede spiriti eletti e filosofi, quali Jacques e Raïssa Maritain.
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LÉON BLOY: AN UNEXPECTED PROPHET OF THE ABSOLUTE
This year marks the centenary of the passing of Léon Bloy; a writer of rare talent, but angry and scandalous. He was a journalist who hated journalists, a prophet who cursed modernity, a theologian who detested priests; he was also a spiritual man, inflamed by the desire of God, which scandalized the fervent Catholics. He was not really a saint, even if he deeply grasped «the sadness of not being saints». Bloy was the first modern writer to be mentioned by Pope Francis the day after his election. Remembering some of his works – The Woman Who Was Poor, Despairing, Blood of the poor, Pilgrim of the Absolute and, above all, Salvation through the Jews – arouse a deep unease, but his spasmodic search to be a witness of the Gospel emerges.