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Il 24 maggio 1915 l’Italia, dopo 10 mesi di neutralità, dichiarò guerra all’Austria-Ungheria ed entrò a fianco delle potenze dell’Intesa (Francia, Inghilterra e Russia) nella «grande guerra». Iniziava così una guerra voluta e decisa da una parte della classe dirigente la cui lunga «gestazione» aveva creato contrapposizioni politiche e culturali molto forti nel Paese tra neutralisti e interventisti, dividendo borghesi e contadini/proletari, ma che ben presto sarebbe diventata la guerra di tutti gli italiani. Di fatto, essa contribuì a formare la nazione più delle guerre risorgimentali e dell’opprimente centralismo dello Stato liberale post-unitario, riunendo gli italiani prima nel dolore e nell’elaborazione del «grande lutto» (la guerra produsse circa 650.000 vittime), poi nella mentalità, nella lingua, e soprattutto nell’orgoglio di sentirsi parte di una grande nazione vittoriosa.