In un suo recente saggio il prof. N. Irti invita a spezzare la «tenaglia» nella quale la prassi politica è invischiata, le cui braccia sono il pragmatismo politico — incapace di porre veri obiettivi e limitato a fini di volta in volta perseguiti, privo di filosofia politica — e la clerocrazia, la pretesa delle religioni di dettare legge in uno Stato pluralistico e secolare. La sua riflessione invita a ricercare un aldilà, un fondamento all’agire politico che lo possa legittimare, superando la povertà di pensiero e azione attuale, andando oltre sterili contrapposizioni tra cattolici e laici e includendo la possibilità di un apporto costruttivo delle religioni per la serietà del dibattito, specie nelle questioni economiche e di biodiritto. Si potrebbe infatti parlare di «valori diffusi», anziché di «valori condivisi», per evitare gli equivoci; si tratterebbe di un idem sentire, che non è mai del resto giuridicamente irrilevante.
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LA «TENAGLIA» DI IRTI

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