Dallo scorso 25 settembre la Giunta militare che governa il Myanmar (ex-Birmania) ha represso con la forza i cortei di protesta guidati dai monaci buddisti. Era una protesta contro il carovita ma soprattutto per chiedere democrazia e libertà. Le Nazioni Unite hanno inviato in Myanmar un mediatore per favorire «un processo di riconciliazione nazionale tramite il dialogo». La comunità internazionale e soprattutto i Paesi che hanno maggiori relazioni con la ex-Birmania sono chiamati a compiere uno sforzo comune. Occorrerebbe una road map che coordini varie forme di incentivi, pressioni e sanzioni perché il Myanmar attui le riforme necessarie per avviarsi sulla strada della democrazia. Ma soltanto dall’interno può nascere la «soluzione pacifica per il bene del Paese» auspicata anche da Benedetto XVI.