Siamo davvero consapevoli del ricco bagaglio teologico che si apre quando rispondiamo – magari senza pensarci, in modo automatico e abitudinario – al saluto del sacerdote Dominus vobiscum con la formula abituale Et cum spiritu tuo? La straordinaria bellezza insita in questo breve dialogo o, meglio, nello spazio dischiuso da alcune semplici parole pronunciate con chiarezza, merita un’analisi attenta, che vorremmo offrire in questo articolo come umile contributo alla riflessione sulla sinodalità[1].
Inoltre, il fatto stesso che questa ricchezza vada oltre l’ambito liturgico, il suo Sitz-im-Leben appropriato e nutriente, suggerisce che non esiste ambito della vita cristiana che non sia influenzato dal suo mistero. In altre parole, non ci può essere una vera koinonia se ciascuno dei partecipanti prima non fa sua la risposta Et cum spiritu tuo. Non c’è sinodalità se non si è convinti della forza performativa insita nell’Et cum spiritu tuo. Non può esserci diakonia sincera se colui che serve non scopre e non dice per primo Et cum spiritu tuo con tutto sé stesso, più che con le parole, discernendo in colui al quale serve – seguendo le parole del Maestro stesso (cfr Mt 25) – il tacito saluto Dominus vobiscum. Non ci può essere vera evangelizzazione della cultura né inculturazione del Vangelo se prima non si risponde Et cum spiritu tuo. Non ci può essere ascolto autentico se non ci si colloca nel soffio divino che è proprio dell’Et cum spiritu tuo.
Questa è una delle espressioni più sinodali che conosciamo. Non c’è dubbio che non si tratta semplicemente dello spirito umano del sacerdote come di qualcosa di naturale, come se questa espressione indicasse solo il suo nucleo vitale, ma della sua capacità di trascendere sé stesso e, soprattutto, del riconoscimento dell’attività dello Spirito Santo nell’essere umano, nel momento in cui nella sua fragilità egli si apre verso un altro essere altrettanto vulnerabile. La polisemia del termine «spirito», che già nella sua origine ebraica collega la parte più intima dell’umano sia con il cosmico sia con il divino, e il carattere sfuggente dello Spirito, che si nasconde dietro la sua opera, ci permettono di interpretarla così.
In questo articolo metteremo in evidenza tre dimensioni teologiche dell’espressione Et cum spiritu tuo, che avvaloreranno non solo la legittimità di tale interpretazione, ma anche la sua idoneità ad aprire lo spazio sinodale in quanto questa espressione è comunitaria, pneumatologica e materna.
Una risposta comunitaria
Innanzitutto, è decisivo sottolineare che la formula
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