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ABSTRACT – Mentre l’attenzione internazionale è concentrata sul complicato conflitto siro-iracheno, nello Yemen da più di un anno e mezzo si sta combattendo una cruentissima «guerra asimmetrica» tra l’aviazione saudita e i guerriglieri houthi, di appartenenza sciita. Per comprendere le cause di questo conflitto è necessario capire chi sono i cosiddetti «ribelli houthi» e le ragioni che li contrappongono ai loro vicini sauditi, nonché ripercorrere brevemente la storia dello Yemen in questi ultimi anni.
Va innanzitutto ricordato che lo Yemen è uno dei Paesi più poveri del mondo. E che uno dei momenti più importanti della storia moderna dello Yemen è stato certamente il periodo della cosiddetta «primavera araba», che ha segnato la fine del lungo regime di Saleh, durato più di 30 anni. La rivoluzione yemenita è stata capeggiata soprattutto dagli houthi, che protestavano per essere stati discriminati nella gestione del potere, ma anche da altri gruppi politici — come quello degli Islah, all’interno del quale c’erano pure i Fratelli Musulmani — e dagli indipendentisti del sud del Paese.
Questo conflitto «periferico» si innesta in questa vicenda ed è stato finora quasi dimenticato dalla diplomazia internazionale, soprattutto per due motivi: innanzitutto, perché è condotto dall’Arabia Saudita, alleato storico degli Stati Uniti; e poi perché, diversamente dalla Siria, non ha prodotto finora un flusso di rifugiati che premano sui confini dell’Europa, sebbene il problema degli sfollati e dei migranti, sia per la sua entità sia per la scarsità di aiuti, dovrebbe preoccupare la comunità internazionale.
Secondo le organizzazioni internazionali, sotto i bombardamenti sono morte finora più di 6.000 persone, di cui un terzo sono bambini. Il numero degli sfollati pare si aggiri intorno ai 2 milioni e mezzo di persone. Per Stephen O’Brien, vice segretario per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, si tratterebbe di una vera e propria «catastrofe umanitaria», non dissimile da quella che si sta consumando in Siria.
In ogni caso, la guerra è giunta a un punto morto. Ora dovrebbero essere la comunità internazionale o alcuni Paesi leader, come gli Stati Uniti, a premere sulle parti (in particolare sui sauditi) per un accordo politico; difficilmente, infatti, la coalizione guidata dai sauditi avrà la meglio nello Yemen, a meno che — cosa che nessuno vuole — non sia disposta a inviare sul campo di battaglia molti battaglioni di soldati; e neppure in questo caso, come già è accaduto in passato, la vittoria sarebbe garantita.