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ABSTRACT – Chi ascolta la voce dell’angelo che annuncia la nascita del Cristo — e indica anche il luogo preciso dove cercarlo — china il capo in rispettosa adorazione e inizia un percorso intimo di meditazione del dono ineffabile riversato dal Signore nella storia dell’umanità. Questo è l’atteggiamento da assumere nel tempo di Natale.
La ricerca è cammino. Il nostro Dio, secondo le Scritture, è lui stesso instancabilmente alla ricerca dell’uomo per poterlo salvare.
Il cammino spirituale porta a Betlemme, luogo delle promesse divine e simbolo esemplare della piccolezza, scelta da Dio per la redenzione del mondo. Andiamo allora verso i piccoli e i disprezzati, così da essere salvati. Così come il Salvatore, nato in una stalla, non ha disdegnato di calarsi in questa bassezza, per rivelare che nessuna indegnità impedisce l’atto dell’accoglienza. Una mangiatoia, deputata a nutrire gli animali, è prestata al Creatore perché dimorasse fra gli uomini. Ed essa è un simbolo del nostro povero cuore, così radicalmente inadeguato a ospitare la presenza di Dio.
Ma solo se offriamo quel poco che abbiamo, solo se apriamo la porta e lasciamo che il Salvatore ci visiti nella nostra povertà, solo così la nostra persona vivrà di Dio.
Ecco dunque che il Natale non può essere vissuto come semplice devota celebrazione o come memoria festosa di un evento passato. Non si tratta esattamente e propriamente del compleanno di Gesù: celebriamo il mistero dell’Incarnazione di Dio che così ci salva.