|
Fin dall’inizio del Concilio di Trento il problema della residenza dei vescovi costituisce una remora per l’approvazione del decreto di riforma della Chiesa; nell’ultimo periodo (1562-63) esso conduce alla paralisi dei lavori. La situazione di stallo è superata grazie alla diplomazia del cardinal Morone, l’ultimo presidente del Concilio. Contro i vescovi che affermano la residenza di diritto divino sulla base della Scrittura e quelli che invece la considerano di diritto canonico perché priva di un fondamento biblico chiaro, viene proposta una nuova formula, divino praecepto mandatum: il pastore ha l’obbligo di coscienza dei doveri episcopali, ma l’impegno della residenza non va legato al diritto divino. La proposta sblocca lo stallo del Concilio e non limita in alcun modo l’autorità del Papa. Si sarebbe potuto così raggiungere finalmente il traguardo da tutti auspicato: la riforma della Chiesa.