a cura di V. FANTUZZI
Good Night, and Good Luck (USA, 2005). Regista: GEORGE CLOONEY. Interpreti principali: D. Strathairn, G. Clooney, J. Daniels, R. Downey jr., P. Clarkson, F. Langella.
La televisione è una finestra sul mondo oppure una lente deformante che rinvia un’immagine distorta della realtà? Questa domanda, apparentemente ingenua, anima un dibattito che, in forme occulte o palesi, non cessa di impegnare coloro che hanno a cuore le sorti dell’umanità e torna di tanto in tanto sulle pagine dei giornali assumendo toni di accesa polemica. La televisione fa bene o fa male? È neutrale o schierata? Di quali mezzi si serve per sovrapporre alla realtà una colorazione che può far apparire le cose più chiare o più scure di quello che sono? È vero che in tanti casi la televisione tende a sorvolare sulle cose, a fornirne un’immagine sbiadita. In altri casi invece le immagini della televisione provocano reazioni emotive sproporzionate, alimentano curiosità pruriginose… È difficile dire a chi giovi tutto questo. Certamente agli inserzionisti che con gli spot fanno pubblicità ai loro prodotti. Giova a chi vende a caro prezzo questi spazi dedicati alla propaganda. Qualcuno ha definito la televisione una macchina per vendere. Giova a chi riesce a mettere le mani sulle leve del comando. Nuoce evidentemente a chi non ha questo potere.
Il film di George Clooney, Good Night, and Good Luck, presentato con successo al recente festival di Venezia dove ha ottenuto premi per la migliore sceneggiatura e per il miglior attore protagonista, conduce lo spettatore all’interno di uno studio televisivo americano nella prima metà degli anni Cinquanta. Il bianco e nero è di rigore per amalgamare le riprese attuali (basate su un’attenta ricostruzione dell’ambiente) con il materiale di archivio. La televisione allora si faceva interamente in diretta. I tempi stringati del film scandiscono la conta alla rovescia dei secondi che scorrono prima dell’andata in onda di un programma. Nello studio si respira un’atmosfera di tensione, come se ogni trasmissione fosse un’azione di guerra, condotta non già all’arma bianca, ma con l’uso di strumenti sofisticati.
«Good Night, and Good Luck» (buona notte e buona fortuna) è il saluto con cui un giornalista televisvo della rete Columbia Broadcasting System (CBS), conduttore di un programma di attualità, si congeda abitualmente dai suoi ascoltatori. Si tratta di Edward R. Murrow. See it Now è il titolo del programma. Nell’America della «caccia alle streghe» scatenata dal senatore del Wisconsin Joseph McCarthy, presidente della Commissione del Senato per le Attività Antiamericane, quelle trasmissioni fecero scalpore. Paladino delle libertà personali, Murrow mette a punto, con l’aiuto del suo staff, la vicenda di un giovane ufficiale dell’aeronautica militare, Milo Radulovich, radiato dal ruolo perché nella sua famiglia c’è qualcuno che legge riviste ritenute pericolose per il sistema politico statunitense. Poiché in tribunale non sono state portate prove, Murrow, convinto di trovarsi in presenza di una vera e propria persecuzione, non si ferma né davanti alle perplessità dell’editore, né quando riceve la visita di due graduati mandati direttamente dal Pentagono.
A questo punto Murrow decide di attaccare direttamente il senatore McCarthy e lo fa con il metodo tipico del giornalismo statunitense di qualità: proponendo documenti inconfutabili. Sembra la lotta di Davide contro Golia. Gli spettatori trattengono il fiato per vedere come andrà a finire. Lasciando che le cose si commentino da sole, Murrow esibisce dal piccolo schermo una serie di spezzoni preregistrati, relativi alle sedute della Commissione, che mettono in evidenza le pecche del senatore in preda a una smodata aggressività nei confronti delle persone sottoposte ai suoi interrogativi. Oltre ai tic e ai lapsus, colpiscono le risatine isteriche del grande accusatore, sintomo di una preoccupante deriva delle sue facoltà mentali.
McCarthy reagì con rozzezza accusando Murrow di essere al soldo dell’Unione Sovietica. Non sapeva in quale ginepraio si stava cacciando. Murrow e i suoi colleghi attirarono il senatore nella trappola del «diritto di replica». L’autodifesa di McCarthy risultò infarcita di sciocchezze, facili da confutare, alternate con insulti gratuiti, dall’esito controproducente, tanto che il Senato degli Stati Uniti non esitò a deporlo di lì a poco dalla carica di presidente della Commissione. Nel frattempo anche il pilota Radulovich ingiustamente accusato era stato reintegrato nel suo incarico. Come in ogni film americano che si rispetti, non manca il lieto fine. Al di là delle inevitabili semplificazioni, tra le pieghe della pellicola si fa strada un monito rivolto ai telespettatori di oggi (attenti a quello che vi danno da bere!) e un incoraggiamento a quei giornalisti che, senza piegare la schiena davanti al potente di turno, esercitano il loro mestiere in un ambiente che, con il passare degli anni, diventa sempre più insidioso.