
La mostra del Rijksmuseum di Amsterdam, che si è svolta dal 10 febbraio al 4 giugno 2023, e che i più importanti giornali del mondo hanno chiamato «la retrospettiva del secolo», ci ha permesso di capire quanto possa essere ancora forte l’impatto di un artista sulla nostra società.
Si è constatato che Vermeer è in Olanda un brand in grado di attirare masse al pari di un Leonardo in Italia. La rilevanza mediatica dell’evento ha fatto sì che la risposta del pubblico – più di 650.000 visitatori[1] – superasse la capacità organizzativa di un’istituzione pubblica limitata, imponendo al museo di cambiare completamente i suoi ritmi. C’erano anche aspetti connessi a tale iniziativa, come i costi delle polizze assicurative, giunti probabilmente ad apici storici, e il fatto di esporre un patrimonio di inestimabile valore a rischi non indifferenti. Ritrovare perciò l’umile pittore di Delft dietro l’iniziativa commerciale e, perché no, geopolitica – dal momento che capi di Stato hanno visitato la mostra – richiede uno sforzo considerevole.
Se la museologia è sempre più consapevole che, per valorizzare un’opera d’arte, occorre approfondire il tessuto artistico che la costituisce, la mostra di Amsterdam, che presenta semplicemente 28 quadri di Vermeer, sembrerebbe difficilmente proponibile.
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