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CARTA CANTA. L’USO DI RIFERIMENTI MUSICALI NELLA PUBBLICITÀ

Giovanni Arledler

7 Luglio 2012

Quaderno 3889

MUSICA

a cura di G. ARLEDLER

 
AUGUSTO PASQUALI, CARTA CANTA. L’USO DI RIFERIMENTI MUSICALI NELLA PUBBLICITÀ. Bologna, La Terriña, 2012, 148, con dvd.
Pubblicato da un gruppo di amici e allievi dell’A., per ricordare, a tre anni dalla morte, Augusto Pasquali, docente scolastico e critico musicale, dalla curiosità ed entusiasmo irrefrenabile, Carta canta (libro e dvd collegato, edito da La Terriña, via Casaglia, 34, Bologna) raccoglie il meglio di uno studio, iniziato quasi per caso e per gioco attorno all’inizio degli anni Ottanta, mettendo insieme ritagli di giornali e di riviste che contenessero pubblicità con riferimenti alla musica e alla danza, escludendo quella pubblicità più diretta rivolta alla musica stessa, come strumenti, concerti, pubblicazioni, apparecchi hi-fi e così via.
In una lettera indirizzata a un editore, datata 20 ottobre 1989, Pasquali descriveva a grandi linee il progetto dello studio e lasciava intendere che poteva offrire una opportunità didattica notevolissima, parlando alla fantasia dei giovani con l’immediatezza e la spregiudicatezza di un linguaggio che, pensato con intenti promozionali, poteva svolgere un compito educativo insospettabile, offrendo una serie di spunti e approfondimenti destinati a rimanere incollati nella memoria, un po’ come le musiche colte o le canzoncine collegate alla pubblicità televisiva, in particolare quelle dei vari «caroselli» degli anni Sessanta. Coinvolgendo familiari, amici, alunni, nel corso di circa 30 anni, fino al 2008, anno della sua scomparsa, la raccolta di A. Pasquali ha raggiunto i 350 reperti per la musica e i 120 per la danza, ritagli che, pur se in bianco e nero e un po’ spiegazzati o dal colore un po’ impallidito, si prestano per letture e interpretazioni significative.
Benché non avesse avviato in modo organico lo studio, in un articolo per il n. 18 (1990) della rivista Musica scuola Pasquali analizzava con maggior respiro il rapporto incerto e «tutto da definire» tra musica e pubblicità. Anche senza entrare completamente nei meccanismi e negli obiettivi della pubblicità stessa, tramite alcuni esempi di immagini, dove la musica sembrerebbe completamente assente, è possibile scoprire atmosfere, allusioni raffinate o di dubbia moralità, collegamenti e codici, quasi sempre non inventati ex novo, perché comunicare in questo settore vuol dire puntare sul già conosciuto e concordemente accettato, non escludendo del tutto quella dimensione di utilizzo disinvolto o addirittura subliminale della quale la pubblicità pare non possa davvero fare a meno. In tal senso la pubblicità può essere considerata anche come uno degli specchi più privilegiati per comprendere il tempo che viviamo e aiutare, decisamente in positivo, a costruire nei giovani, tramite la fantasia e l’immaginazione, quell’universo di aspirazioni e progetti sui quali fondare la propria personalità e maturità.
Raccogliendo il materiale, viene spontanea una prima classificazione per tipi e per rimandi di significato. Citeremo l’elenco delle sezioni, collegando a ognuna di esse il nome dello studioso che nel libro presenta le pubblicità più significative collegate all’argomento, e che nel dvd sono raccolte nella loro interezza: «termini e simboli di un linguaggio non familiare a tutti» (Giordano Montecchi), «cito dunque creo» (Marco Ventura), «musica come emozioni» (Rosalba Deriu), «suono e silenzio» (Franca Marzoli), «armonia e accordo» (Germano Mazzocchetti), status symbol (Patrizia Tugnoli e Marcello Rossi), «oggetto estetico – a caccia di immagini» (Marilena Pasquali), kitsch me kill me (Alfredo Pasquali), «danza» (Ma-rina Maffioli). Le sottosezioni, che nel caso della danza sono già quasi interamente presenti anche nel libro, per alcuni aspetti riprendono le più numerose classificazioni e sezioni suggerite da Augusto Pasquali nel suo articolo per Musica scuola.
Rileggiamo alcuni degli spunti più interessanti alla luce dell’intervista conclusiva che Alessandro Baroni fa a Giovanna Ori, che si occupa professionalmente di pubblicità. Diamo per scontato che ciò che si scrive in questa sede vale anche per quasi tutti i casi di propaganda in televisione, in internet, sulla cartellonistica ecc. Se volessimo dare un titolo generale potremmo, ad esempio, suggerire: «cosa c’entra un prosciutto con un violino?».
È più facile certo collegare uno strumento musicale con qualche suggestiva località turistica o accettare suggerimenti quando la qualità delle immagini si avvicina a quella delle riproduzioni d’arte. Più difficile rimanere colpiti in positivo da rappresentazioni kitsch o provocanti, mentre i messaggi sono più diretti quando sono collegati a quanto di leggero, raffinato, dinamico suggerisce la danza. Si può meditare, infine, di fronte a un’evidente difficoltà di comunicazione, su come il silenzio sia difficilmente rappresentabile e riproducibile in ogni caso!

Non è disponibile la versione digitale di questo articolo, è possibile leggerlo solo nella versione cartacea o e-book


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CARTA CANTA. L’USO DI RIFERIMENTI MUSICALI NELLA PUBBLICITÀ

Giovanni Arledler


7 Luglio 2012

Quaderno 3889

  • pag. 105
  • Anno 2012
  • Volume III

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