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Questo libro, con la Prefazione di Noemi Di Segni, è il quinto volume della collana Il Melograno, nata per promuovere una cultura del dialogo, dell’incontro e della condivisione. La biblista Ester Abbattista fa dialogare le antiche interpretazioni, ebraiche e cristiane, del libro di Rut. Questioni come le versioni antiche del libretto biblico, il suo uso liturgico, il posto che occupa nel canone ebraico, nella traduzione della Settanta ecc. vengono esposte in maniera puntuale, essenziale ed esauriente. Non si tratta di questioni marginali, se si pensa, ad esempio, che la collocazione del libro subito dopo i Proverbi nel canone ebraico mostra in Rut la moabita un esempio di «donna di valore» (eshet chayil; cfr Pr 31,10 con Rt 3,11).
L’A. espone con equilibrio le problematiche collegate all’interpretazione di alcuni temi, come quello della «sostituzione» (cfr pp. 70 s; 115-117; 122-129; 136 s; 159). Le riflessioni e le proposte di Abbattista a questo proposito sono basate su una profonda conoscenza dell’ebraismo e hanno l’intento di far avanzare il dialogo ebraico-cristiano. Come il suggerimento di tenere viva la tensione tra estraneità e comunione (e amore) nell’autocomprensione dell’identità cristiana nei confronti del popolo ebraico. O quanto l’A. afferma sull’interpretazione «figurativa» del libro di Rut nei commenti di alcuni Padri della Chiesa: «Non si può fare a meno di chiedersi se è ancora oggi accettabile che sia solo questo il senso valido di questo racconto o se, anche per un cristiano, il testo sia portatore di un messaggio in sé» (p. 129; cfr pp. 137-139).
La scelta di temi del libro di Rut commentati dall’antica tradizione rabbinica (soprattutto il Targum e il Midrash) e da quella cristiana (i Padri della Chiesa, specialmente del IV-VI secolo d.C.) include: la carestia a Betlemme con la migrazione a Moab e il ruolo di Elimelec in questa circostanza; la ricerca del pane, con i lutti che seguirono; il ritorno a Betlemme con il congedo da Orpa e il dialogo tra Rut e la suocera (cfr Rt 1,15-18), che il Targum e il Midrash interpretano con la decisione della moabita di diventare una proselita. Dopo l’incontro di Rut con Booz, la notte sull’aia e la scena del riscatto alle porte della città, la nascita di Obed, raccontata in un solo versetto con il matrimonio e il concepimento di Rut, c’è una menzione esplicita dell’intervento del Signore in questa storia (cfr Rut 4,13; 1,6), «segno importante che conferisce a questa nuova vita un ruolo rilevante per il futuro non solo di questa famiglia, ma anche dell’intero popolo di Israele» (p. 131).
La tradizione rabbinica commenta la genealogia, che alla fine del libro di Rut «va indietro nel tempo e collega, tramite Booz, Perez a David» (p. 141) con la storia di una perla (Rut Rabbah 8,1; cfr Pr 31,10 con Rt 3,11). Abbattista spiega con acutezza come la formazione di una perla illumini il messaggio del libro biblico: «Alla base c’è un corpo estraneo che entra nell’ostrica, spesso si tratta di un semplice granello di sabbia […]. In un certo senso Rut è quel granello di sabbia […]. Ciò che dà carattere universale a questa storia, ampliandone i confini, è un corpo estraneo inserito da Dio nel mezzo delle vicende umane» (pp. 151 s). La perla, irriducibile all’ostrica, dimostra l’impossibilità della salvezza senza l’accoglienza dell’estraneità: «Il miracolo della perla è invece possibile solo dove c’è accoglienza reciproca, riconoscimento dell’altrui diversità, e soprattutto il consapevole e comune desiderio di salvezza» (p. 159).
Questo libro è rivolto a un pubblico ampio. Esso tuttavia indica agli specialisti un campo di ricerca non ancora sufficientemente esplorato: quello dei contatti e dell’interdipendenza tra gli scritti della tradizione ebraica antica e quella cristiana coeva. Tale ricerca, che richiede competenze in entrambi gli ambiti, può far comprendere meglio alcuni testi non facili del Midrash e del Talmud, da una parte, e dei Padri, dall’altra. Questi scritti sono a volte il risultato di un conflitto di interpretazioni bibliche nel corso del quale si sono definite le identità di due comunità che, in tempi, modi e luoghi diversi, hanno tenuto poco conto del ruolo salvifico dell’estraneità.
L’A. mette bene in evidenza sia il compito arduo di donne nell’alterità salvifica sia i temi più rilevanti del libro di Rut, come quello della bontà (chesed; cfr Rt 3,10; Midrash Rut Rabbah 2,14), anch’essa una «perla» preziosa nei rapporti tra le persone, nel dialogo tra le nazioni e le religioni, nel dibattito sociale, in quello politico, nella vita della Chiesa e delle comunità religiose. Per tante ragioni Rut, storia di una perla è un testo molto bello, oggi più che mai rilevante, e senz’altro raccomandabile.