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Dopo alcune biografie di rilievo e tre interessanti romanzi storici, Giovanni Grasso, giornalista e scrittore, consigliere per la comunicazione del Presidente Sergio Mattarella, ci offre un thriller esistenziale: L’amore non lo vede nessuno.
La storia si apre con il funerale di Federica, una giovane donna che ha perduto la vita in un incidente stradale: è la sorella minore di Silvia. Alla cerimonia tutti partecipano commossi e, tra loro, spicca un distinto signore, un po’ solenne e ieratico, visibilmente addolorato. Silvia lo nota con una strana sensazione: si accorge di non sapere nulla degli amici di Federica, della sua vita, del suo modo di vivere dispendioso.
Qualche giorno dopo, al cimitero, sulla tomba, scopre un mazzo di peonie, i fiori amati dalla sorella, con un affettuoso biglietto, firmato «P.». Chi è questo misterioso personaggio? Difficile scoprirlo. Un giorno Silvia riesce a incontrarlo, perché anche lui si era recato alla tomba. Tra lei e quell’uomo, colto e raffinato, nascono un interesse e una simpatia, ma con un patto singolare: lui si offre di raccontare la propria storia a Silvia, purché lei non indaghi sulla sua identità.
Da qui una serie di incontri settimanali, quasi clandestini: emerge una segreta storia d’amore, complessa e perturbante, con continui colpi di scena e particolari scabrosi che preoccupano Silvia. Federica si rivela con un carattere esigente, ma contorto; manipolatrice, ma con pretese assurde che umiliano «P.». Il personaggio si definisce suo amante, però nel senso positivo del termine: «due persone che si amano» (p. 78). Invece Silvia vede il loro rapporto terribilmente passionale, sensuale, possessivo, adolescenziale. Per lei amare significa piuttosto «dedizione, progettualità, affetto, condivisione quotidiana, capacità di affrontare insieme le avversità e i problemi della vita» (p. 81).
Ma chi sia il distinto signore rimane un mistero. Fin quasi alla fine, quando, a casa della sorella, lei scoprirà un libro dal titolo L’amore non lo vede nessuno, che stravolgerà la storia. Il libro aveva in copertina l’angelo stilizzato del pittore Emilio Isgrò, che dipingeva i quadri cancellando in nero poche parole di una pagina, in modo da farne emergere un significato nuovo (cfr pp. 170 s). L’autore era proprio «P.», con tanto di foto e biografia!
Il thriller è un condensato di peccato, di passione e intrighi di ogni genere, di problematiche assunte dalla realtà e affastellate insieme, di contraddizioni di cui è intessuta la quotidianità, con dotte citazioni letterarie, bibliche, dalla filosofia e dalla psicologia. Lo stile è scorrevole e affascinante. L’A. ci parla del dramma della trasgressione, della sensualità che travolge la vita, dell’infedeltà agli impegni presi, ma anche del coraggio di ritornare sui propri passi, del frutto che deriva dall’esperienza del male, della riluttanza a perdonare e a perdonarsi. Tuttavia, alla fine il romanzo, se pure porta a riflettere, termina in tono minore: per le conversioni che concludono la storia e per l’accento «omiletico» delle ultime pagine. Anche il titolo L’amore non lo vede nessuno, una citazione da un’omelia di Agostino sull’amore di Dio per noi (Discorsi, n. 34), che cosa significa? Forse costituisce un ulteriore intrigo in un’intrigante vicenda.