Questo libro è l’autobiografia di un giovane dal forte senso etico, disobbediente alle regole, non scritte ma note, dell’omertà e del silenzio di chi sa e tace o, peggio ancora, di chi ha il dovere di vigilare sull’impiego del denaro pubblico e finge di non accorgersi di sprechi e appropriazioni indebite.
Siamo nel 2015. In tanti sanno alle Ferrovie Nord Milano (Fnm); soltanto un funzionario dell’internal audit, Andrea Franzoso, denuncia, con l’aiuto di un collega. Avrebbe potuto farlo con un esposto anonimo o come fonte confidenziale delle Forze dell’ordine. Andrea è stato ufficiale dell’Arma e conosce le strade da percorrere, ma decide di metterci la faccia e presenta un esposto sulle spese folli dell’azienda: «Anonimo? Gridato lo farei».
Le segnalazioni, all’interno della stessa azienda, erano cadute nel vuoto. Non la denuncia ai carabinieri, che fa scattare l’inchiesta della magistratura, con le ipotesi di reato di truffa aggravata e peculato. Fra le somme finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti ci sono centinaia di migliaia di euro utilizzati per lo shopping in negozi di abbigliamento griffato, pranzi e cene in ristoranti per vip in località vacanziere altrettanto da vip, abbonamenti a pay tv anche per la visione di film porno, spese farmaceutiche, voli per viaggi non istituzionali, scommesse sportive online e persino la tolettatura del cane. Spese, tutt’altro che istituzionali, pagate con carte di credito aziendali. A ciò si aggiunge il largo utilizzo di auto e telefonini della società da parte di alcuni familiari, una serie di multe per un totale di oltre 180.000 euro, anche queste pagate dalle Fnm.
Il presidente del consiglio di amministrazione, Norberto Achille, e quello del collegio sindacale, Carlo Alberto Belloni, raggiunti da un avviso di garanzia, sono costretti alle dimissioni. La notizia rimbalza sui principali quotidiani italiani. Travolti dalla bufera giudiziaria e mediatica, entrambi, dopo un controllo a posteriori, decidono di rifondere le somme erroneamente liquidate.
Franzoso viene considerato da pochissimi un eroe e da molti un traditore. I primi a voltargli le spalle sono quei colleghi che esaltavano il suo coraggio e i paladini della legalità e della lotta alla mafia. Un’impiegata che fino a qualche giorno prima lo tempestava con sms di corteggiamento non gli rivolge più la parola. Un funzionario lo deride, tacciandolo di stoltezza e vantandosi di sapere, ma di guardarsi bene dal riferire alla magistratura, perché, è la sua motivazione, «non voglio fare la tua fine»; qualche tempo dopo, finisce in carcere nell’ambito di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia, per un giro di tangenti legato agli appalti.
Cambiano i vertici, ma non l’atmosfera: Franzoso viene prima esautorato insieme al collega che lo aveva aiutato, Luigi Nocerino, e poi relegato in un ufficio creato ad hoc, al solo fine di metterlo nelle condizioni di andarsene. Franzoso era consapevole delle conseguenze a cui andava incontro quando ha deciso di denunciare. Non si è tirato indietro, perché, come spiega nel libro, «qui è in gioco qualcosa di più grande: la mia vita, ciò che io sono, ciò che io voglio essere». Ecco il motivo per il quale Franzoso non ha chiuso gli occhi. Una scelta non condivisa dai familiari, preoccupati per le possibili conseguenze. Non compresa da tanti che gli erano vicini. Comprende invece le sue ragioni p. Giovanni Cucci, gesuita, professore di Psicologia alla Pontificia Università Gregoriana, del quale Franzoso è stato allievo durante il suo noviziato nei gesuiti.
Un altro riconoscimento al suo coraggio gli giunge dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone, che nella postfazione del libro definisce Franzoso «il vero whistleblower», perché, mosso da coscienza civica, antepone l’interesse collettivo a quello personale.
Il «soffiatore di fischietto», però, in Italia, non è ancora adeguatamente tutelato dalla legge. Come fa notare nella prefazione Gian Antonio Stella, in un Paese serio l’autore della denuncia sarebbe stato premiato, non costretto a lasciare il lavoro. Nonostante tutto, «ne valeva la pena», risponde Franzoso nel suo libro. Una lezione di etica e di coraggio, e soprattutto un’iniezione di fiducia per chi pensa che l’Italia sia un Paese senza speranza.
ANDREA FRANZOSO
Il disobbediente
Roma, PaperFIRST, 2017, 170, € 12,00.