

Alla fine di luglio Papa Leone XIV ha annunciato la nomina di padre Richard Anthony D’Souza S.I. a direttore dell’Osservatorio Vaticano. Padre D’Souza ha assunto l’incarico il 19 settembre. Nato in India nel 1978, è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1996 ed è stato ordinato sacerdote nel 2011. Ha studiato Fisica e Astronomia al St. Xavier’s College di Mumbai e all’Università di Heidelberg, ha conseguito il dottorato al Max Planck Institute for Astronomy di Monaco e ha svolto ricerche post-dottorato presso l’Università del Michigan. Fa parte dell’organico dell’Osservatorio dal 2016.
Gli articoli che hanno accompagnato il suo insediamento si soffermano soprattutto sul suo percorso e sulla sua visione per il futuro dell’Osservatorio. Ma che cosa ci dicono le sue ricerche? Una consultazione del NASA Astrophysical Data System mostra che, negli ultimi quindici anni, il nostro nuovo direttore ha pubblicato numerosi articoli scientifici su importanti riviste di astronomia.
Un suo articolo rilevante è «The Andromeda galaxy’s most important merger about 2 billion years ago as M32’s likely progenitor», pubblicato su Nature Astronomy nel luglio 2018 insieme a Eric F. Bell. La grande galassia di Andromeda è la più vicina alla nostra Via Lattea e in cieli bui può essere scorta a occhio nudo; ricopre un’area visibile persino maggiore di quella della Luna piena (purtroppo, nelle aree più sviluppate poche persone riescono a vederla a causa dell’inquinamento luminoso che disperde verso l’alto la luce artificiale.) D’Souza e Bell osservano che la vicinanza di questa galassia la rende particolarmente utile per capire come le galassie si formino attraverso fusioni con galassie progenitrici. Il loro lavoro indica che circa due miliardi di anni fa Andromeda subì una fusione di grande portata con un’altra grande galassia.

In un altro articolo, pubblicato lo scorso luglio, D’Souza, Guinevere Kauffmann e Antonela Monachesi hanno analizzato la luce di 82 galassie a disco viste di taglio, appartenenti al programma «Mapping Nearby Galaxies at APO (MaNGA)». L’articolo, intitolato «An integral field spectroscopic study of stellar and ionized gas properties around edge-on disc galaxies in the stellar mass range 9 < log M∗ < 11», è uscito su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Lo studio indaga la distribuzione tridimensionale di stelle, gas e materia oscura nelle galassie. I risultati mostrano che le proprietà strutturali delle galassie a disco di massa inferiore differiscono sostanzialmente da quelle della Via Lattea, e mettono in discussione alcune idee diffuse sulla formazione di queste galassie.
Forse il titolo più curioso tra i lavori di D’Souza è «Origins of the Evil Eye: M64’s Stellar Halo Reveals the Recent Accretion of an SMC mass Satellite», pubblicato nel 2023 su The Astrophysical Journal Letters insieme a Bell, Monachesi e altri nove ricercatori. Infatti non manca chi, soprattutto in rete, fatica ad accettare che il Vaticano abbia un osservatorio che fa vera scienza e preferisce alimentare voci secondo cui cerchiamo la stella di Betlemme, dialoghiamo con extraterrestri o scrutiamo i segni del cielo in chiave apocalittica: un titolo come questo, con riferimento all’«occhio maligno», potrebbe certo offrire facile materiale per simili fantasie!
Ma «Evil Eye» è semplicemente il soprannome di una galassia, M64, chiamata abitualmente così – spiegano gli autori – per via di un inconsueto disco interno di gas polveroso. La ricerca di D’Souza e colleghi suggerisce che M64 si trovi nelle fasi finali di una piccola fusione con una galassia satellite ricca di gas, molto simile alla Piccola Nube di Magellano (SMC), una galassia nana vicina alla Via Lattea e visibile a occhio nudo dall’emisfero australe nei cieli bui.
È lecito attendersi che l’Osservatorio Vaticano, sotto la guida del nuovo direttore, continuerà a produrre ricerche scientifiche di grande rilievo.