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ABSTRACT – Il 21 dicembre 2017, dopo una movimentata e insolita campagna elettorale, si sono svolte le elezioni politiche regionali in Catalogna: una fase, seppure importante, ma non certo la fine di un conflitto che ormai da diversi mesi contrappone in Spagna i cosiddetti «indipendentisti» e gli unionisti. A vincere le elezioni, è stato il «blocco» indipendentista, ossia le tre forze politiche che governavano il Parlamento catalano uscente, che dovranno però ricucire le divisioni interne. Rimane il fatto che metà degli elettori catalani non sono favorevoli all’indipendenza.
Il premier Rajoy ha già ribadito che per il momento sul piano istituzionale non cambia nulla. Ma ogni cosa dovrà essere fatta nel rispetto della legge e soprattutto del responso elettorale; anche perché dopo l’abile mossa del capo del governo spagnolo di indire elezioni anticipate, altri eventi hanno complicato la situazione.
Come mai il secessionismo catalano, nel giro di poco tempo ha conquistato ampi settori della società catalana sia di destra, sia di sinistra? Alla base ci sono motivazioni di carattere storico-culturale, politico ed economico-finanziario. A volte, nell’analizzare le cause, si tende a estremizzare uno soltanto di questi aspetti, senza considerare la complessità dell’insieme. Al cuore del catalanismo resta, però, un fondamento identitario molto forte, che da sempre ha contrapposto Madrid a Barcellona. La contesa risale alle vicende della Guerra di successione spagnola (1701-1715), quando la Catalogna prese le parti degli Asburgo contro il centralismo dei Borboni.
Da più di 10 anni la Catalogna cerca di concordare uno statuto regionale sinceramente autonomista. È in questo lasso di tempo che è cresciuto tra i catalani il sentimento indipendentista o secessionista, alimentato anche dalla difficile situazione economica internazionale, nonché dalle imposte alte pagate dalla regione allo Stato centrale, dalla inadeguata gestione delle crisi migratorie, da un centralismo statale ritenuto eccessivamente invadente e punitivo e, infine, dalle difficoltà del progetto europeista, messo in discussione dopo le vicende della Brexit.
I responsabili della Chiesa cattolica spagnola in questo periodo hanno fatto di tutto per creare l’unità tra concittadini e per facilitare, se richiesti, processi negoziali tra le parti. Invece l’Ue ha avuto un ruolo di semplice spettatrice, nel timore che il contenzioso spagnolo si estendesse a macchia d’olio negli altri Paesi. Se si continuerà a ignorare eventi come questi e a non intervenire per garantire che nuove eventuali dichiarazioni di indipendenza (o altro) siano negoziate in modo democratico e pacifico, è possibile che in futuro l’Europa andrà incontro a eventi spiacevoli. Certo, non è in nessun caso auspicabile il ritorno a una «neo-feudalizzazione» del Continente.
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BETWEEN MADRID AND BARCELONA. The Catalan question
On 21 December 2017, after a lively and unusual electoral campaign, regional political elections were held in Catalonia. These represent just one phase, albeit an important one, but which will certainly not bring an end to the conflict that for several months has seen the so-called «independence» supporters and the unionists counterposed. To win the election, to gain an absolute majority of the seats of the Generalitat (i.e. 70 of the 135) was the aim of the separatist «block», i.e. the three political forces which governed the outgoing Catalan Parliament, and which will, however, have to mend the internal divisions. The fact remains that half of the Catalan voters are not in favor of independence. It should however be considered that everything must be done in compliance with the law and especially with the electoral response. The political and judicial problems to be faced are numerous, and it is hoped that common sense and moderation will prevail over the spirit of opposition.