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ABSTRACT – La missione della Chiesa in Corea; il significato remoto e prossimo dell’escalation di tensione che ha al centro la Corea del Nord; la necessità che tra Santa Sede e Cina cresca una nuova fiducia reciproca dopo le epoche del colonialismo e delle persecuzioni; le grandi sfide positive che il continente asiatico pone alla Chiesa e al mondo: questi alcuni temi di un’ampia conversazione tra il presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Hyginus Kim Hee-Joong, e il nostro direttore, p. Antonio Spadaro.
Sulla crisi coreana e sulle ripercussioni nei rapporti tra Nord e Sud, mons. Hee-Joong ha detto che «la Corea è stata forzata dall’esterno a incarnare le tensioni della Guerra fredda tra la Russia e gli Stati Uniti». Per questo «il nostro territorio si trova ancor oggi intrappolato nelle tensioni geopolitiche del secondo Novecento». I cattolici coreani, a seconda se conservatori o progressisti, interpretano le azioni della Corea del Nord «come una via di sopravvivenza contro le superpotenze» o, di converso, «un’inaccettabile minaccia di guerra». I lanci dimostrativi appaiono in ogni caso un messaggio, «quello di essere disposti a dialogare con gli Stati Uniti, ma solo su un piano di parità». Su questa base, il presidente dei vescovi coreani è convinto che «se le superpotenze non ce lo impediscono, abbiamo in noi stessi le risorse umane e culturali per riconciliarci tra noi» e che quindi «sarebbe meglio appoggiare e favorire il dialogo diretto tra Corea del Sud e Corea del Nord». Una riconciliazione che non si può realizzare in un attimo, «come innalzando un obelisco, ma attraverso un processo, mettendo un mattone sopra l’altro».
Sui rapporti tra la Cina e la Santa Sede, mons. Hee Joong rievoca Matteo Ricci: «Penso che ci sia bisogno di un nuovo tipo di missionario», anche perché «il governo della Cina continentale vuole evitare la divisione tra etnie e gruppi sociali nel Paese, ricordando la storia del colonialismo e dell’imperialismo occidentale». Egli ricorda che, sulla base dell’esperienza di incontri locali tra chiesa cinese e coreana, «come principio generale, i cinesi considerano “la fiducia” un elemento fondamentale in qualsiasi relazione». Esiste un interesse comune a maturare questa relazione ma ci vuole «tempo per costruire la fiducia tra le due parti. Si potrebbe anche chiedere aiuto ad altri Paesi che hanno una buona relazione diplomatica con la Cina».
Nel colloquio a tutto campo si fa pure un primo bilancio della visita nel Paese di papa Francesco, che ha sollecitato profondamente il tessuto ecclesiale. E si dipinge – tra toni chiari e toni scuri – una Corea vitale e vivace, multiculturale e multireligiosa, nella quale coesistono pacificamente le tradizioni religiose cristiana, confuciana, buddista e taoista. «Dal punto di vista numerico – ha spiegato mons. Hee Joong – la comunità cattolica è un gruppo minoritario, ma l’influenza sociale e politica della Chiesa in Corea è certamente più forte di quella delle religioni dei vicini».
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KOREA’S PRESENT AND FUTURE. An Interview with mons. Hyginus Kim Hee-Joong
The mission of the Church in Korea; the distant, yet close significance of the escalating tension concerning North Korea, while considering the interests of the world’s great powers; the need for a new and mutual trust between the Holy See and China after the era of colonialism and age of persecutions; the important and positive challenges which the Asian continent brings to the Church and the world: these are some of the issues of a far reaching conversation between the President of the Korean Bishops’ Conference, Mgr. Hyginus Kim Hee-Joong, and our Director, fr. Antonio Spadaro. This interview also presents the first analysis of Pope Francis’ visit who was deeply exhorted by the ecclesial fabric there. This article describes – in contrasting tones – the dynamic and vibrant, multicultural and multilingual Korea, where Christian, Confucian, Buddhist and Taoist religious traditions pacifically coexist.