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ABSTRACT – Nel 1958 Eleanor Roosevelt scrisse: «Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli luoghi, vicini a casa […]: il quartiere in cui si vive; la scuola o il college che si frequenta; la fabbrica, il luogo di lavoro. Sono questi i luoghi dove ogni uomo, donna e bambino cercano un’equa giustizia, pari opportunità e dignità senza discriminazione. Se questi diritti non hanno significato in questi luoghi, hanno poco significato anche altrove».
Alla vigilia dei 70 anni della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (1948), della cui stesura la Roosevelt era stata una delle protagoniste, il rispetto per la dignità del prossimo si sta eclissando: in molte parti del mondo esso è affermato negli intenti e mortificato nell’applicazione; anzi, in nome della dignità si giustificano le più feroci atrocità. Lo dimostrano alcuni grandi temi all’ordine del giorno nelle agende politiche internazionali, come la gestione dell’immigrazione, il diritto di cittadinanza, le riforme della giustizia, in cui si accentuano le soluzioni punitive rispetto a quelle riparative. Il vicino è avvertito come un pericolo, e incontrare uno straniero si è trasformato in una sorta di minaccia.
Oppure si assiste all’esasperazione dei diritti soggettivi, che ha portato il Belgio a permettere a un bambino ammalato di chiedere l’eutanasia a determinate condizioni; e una parte della cultura a voler inserire tra i diritti umani la scelta di abortire, come diritto di disporre della propria libertà e di decidere della vita altrui.
Cosa rimane allora, nell’agire politico, della Regola d’oro: «Non fare ad altri quel che non vuoi sia fatto a te»? Il tema del prossimo e dei suoi bisogni – il fine della missione politica – è tornato dunque a essere oggetto della riflessione di molti autorevoli uomini di cultura. Si distinguono positivamente i politici che amministrano conoscendo le persone e il territorio, quelli chiamati alla realizzazione di progetti inclusivi e alla coesione sociale, quelli che costruiscono comunità e comprendono i bisogni dei loro «vicini».
Questo lo insegna anche il Vangelo. L’esperienza del buon samaritano è quella dell’uomo che diventa «politico» per gli altri, quando si ferma ad aiutare il prossimo, l’uomo spogliato e picchiato, lasciato mezzo morto sul ciglio della strada. L’evangelista Luca, nel capitolo 10, descrive colui che si fa prossimo nello spazio pubblico attraverso dieci verbi precisi: «lo vide», «si mosse a pietà», «si avvicinò», «scese», «versò», «fasciò», «caricò», «lo portò», «si prese cura», «pagò»; fino all’undicesimo verbo: «Al mio ritorno salderò». Questo sembra un programma politico per tutti gli uomini di buona volontà chiamati ad amministrare la cosa pubblica.
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POLITICS AND THE «THE NEIGHBOUR». Where integration is founded
The theme of the neighbour and of their needs has returned to being the subject of public reflection. What remains in politics of the Golden Rule: «One should treat others as one would like others to treat oneself»? The neighbour is perceived as a danger, and meeting a stranger has become a kind of threat. But politicians are called to recognize the dimension of «proximity», which changes the perspective on what is far and different. On the eve of the 70th anniversary of the Declaration of Human Rights (1948), to honour the dignity of the neighbour, which is affirmed by those politicians who know the stories and names of the administered people, who build communities and promote social cohesion.