Il fatto religioso cinese è difficile da analizzare. Dal 1949 soltanto cinque Confessioni religiose sono legalmente riconosciute e controllate dallo Stato-Partito. Le statistiche, non ufficiali, di appartenenza non offrono dati uniformi: si ritengono attendibili le cifre relative all’islàm, mentre sono fluttuanti quelle dei buddisti, legati soprattutto ai monasteri. Venuta meno la forza aggregatrice dello Stato, si ritiene che le religioni ne abbiano assunto la funzione sociale, ma favorendo così l’«uscita dalla religione»: vi hanno contribuito in particolare l’evoluzione del confucianesimo e l’apertura alla modernità dei protestanti. Si tratta dunque di una strumentalizzazione della religione, con la perdita di ogni fondamento religioso del vincolo sociale. L’Autore è direttore dell’Istituto Ricci di Taipei (Taiwan).
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