Nella storia
«Abbiamo appena sancito […] il principio centrale che ciascuno debba avere alcune sicurezze di base quando si tratta della propria assistenza sanitaria»: con queste parole il 23 marzo 2010 il presidente statunitense, Barack H. Obama, ha firmato il testo della riforma sanitaria. Si è trattato di un momento storico per gli Stati Uniti, destinato a influenzare la vita di tanti cittadini meno abbienti, che sino ad oggi non disponevano di assicurazione sanitaria.
Per rintracciare una riforma di importanza analoga occorre risalire a tre momenti significativi della storia statunitense. Il primo è il 14 agosto 1935, quando il presidente Franklin D. Roosevelt istituì la Sicurezza Sociale (Social Security). Erano ancora vive le conseguenze della grande depressione del 1929, ma in tal modo fu possibile, in particolare, un programma di assicurazione sociale in grado di garantire ai lavoratori in pensione, oltre i 65 anni, un contributo economico dopo la cessazione dell’attività lavorativa. L’obiettivo del presidente Roosevelt fu di offrire «alcune misure di protezione al cittadino medio e alla sua famiglia per contrastare la perdita di un lavoro e l’invecchiamento in condizioni di povertà».
Il 2 luglio 1964, il presidente Lyndon B. Johnson, alla presenza di Martin Luther King jr., firmò la legge che prevedeva il rispetto dei diritti civili (Civil Rights Act), eliminando la segregazione razziale nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici e riconoscendo il diritto di voto a tutti i cittadini. Il presidente precedente, John F. Kennedy, nel suo discorso dell’11 giugno 1963 aveva chiesto tale legislazione, ma il suo assassinio, il 22 novembre di quell’anno, non gli consentì di vedere approvata questa legislazione sociale di importanza storica.
Nel 1945 il presidente Harry S. Truman chiese al Congresso di preparare un piano di assicurazione sanitaria nazionale. A motivo della difficoltà politica nel realizzare tale riforma si propose, invece, un programma in grado di garantire i beneficiari della Sicurezza Sociale, offrendo loro assistenza sanitaria. Furono necessari 20 anni per realizzare questa terza importante legislazione sociale: il 30 luglio 1965 il presidente Johnson istituì Medicare e Medicaid.
La riforma sanitaria firmata dal presidente Obama continua questa storia di riforme sociali, introducendo misure che mirano a una maggiore giustizia per tutti i cittadini e, in particolare, per i più vulnerabili. Gli obiettivi di tale legislazione sono molti e ambiziosi: riformare il sistema sanitario rendendolo economicamente più conveniente; aumentare le responsabilità delle assicurazioni nei confronti dei cittadini; espandere gradualmente e progressivamente il numero di cittadini che beneficiano di un’assicurazione sanitaria fino a includere ogni cittadino; offrire garanzie sufficienti per stabilizzare le spese sanitarie familiari, il bilancio sanitario federale e l’intera economia.
Ci proponiamo di riflettere su questa riforma descrivendo alcuni elementi caratterizzanti il contesto sanitario statunitense prima dell’entrata in vigore dell’attuale riforma sanitaria, considerando i cambiamenti più rilevanti che la riforma apporta e proponendo alcune considerazioni generali. Non va dimenticato però che il sistema sanitario statunitense è complesso, ancor più per chi non ne abbia esperienza diretta e sia familiare con altri sistemi sanitari. A ciò si aggiunge che la riforma sanitaria è anch’essa complessa (il testo approvato dal Senato Usa è di oltre 2.000 pagine). Volendo offrire una presentazione comprensibile abbiamo perciò dovuto necessariamente semplificare.
La riforma
La legislazione attuale può essere considerata la più recente delle grandi riforme sociali americane degli ultimi cento anni. Se ne apprezza l’importanza ricordando il contesto in cui essa si inserisce. Il sistema sanitario degli Stati Uniti, tecnologicamente molto avanzato, è il più costoso del mondo (oltre due trilioni di dollari annuali), sia pro capite, sia considerando l’insieme dell’economia (oltre il 16% del prodotto nazionale lordo). Eppure, ciò non si traduce in un livello di sanità pari a quello dei maggiori Paesi industrializzati, che spendono considerevolmente meno. L’accesso limitato alle cure sanitarie ha compromesso in molti modi la qualità della salute dei cittadini e del Paese. La maggior parte delle persone indigenti poteva accedere alle cure sanitarie mediante Medicaid, ma ciò non era possibile ai lavoratori più poveri, a meno che i loro datori di lavoro non si facessero carico delle relative polizze assicurative.
Nei decenni più recenti, osservatori attenti del sistema sanitario statunitense hanno ripetutamente segnalato la sua trasformazione in un complesso medico-industriale, in cui la gestione delle assicurazioni sanitarie e dei servizi sanitari è stata progressivamente affidata a imprese private che hanno agito, ovviamente, secondo logiche commerciali, spesso con un’insufficiente attenzione alle necessità dei cittadini. L’attuale riforma sanitaria, quindi, comporta una responsabilità notevole: trasformare il sistema sanitario rendendolo meno costoso, più efficiente e interamente a servizio dei cittadini, particolarmente dei più bisognosi, fornendo un’assicurazione sanitaria ai milioni di cittadini statunitensi che non ne disponevano. Ciò avverrà in vari modi e gradualmente nell’arco di quattro anni. Senza voler scendere in particolari eccessivi, è utile avere un’idea generale di che cosa la riforma rende possibile, nel caso di cittadini, di assicurazioni e di datori di lavoro.
A proposito dei benefici per i cittadini, consideriamo innanzitutto quattro cambiamenti che riguardano coloro che non avevano un’assicurazione sanitaria, per poi indicare alcuni vantaggi per chi dispone di Medicare e di Medicaid.
1) Prima della riforma sanitaria, le assicurazioni potevano rifiutare di assicurare clienti affetti da una malattia preesistente. Con l’attuale riforma, a partire dal giugno 2010, una persona affetta da una malattia preesistente e senza assicurazione sanitaria da più di sei mesi ha diritto a una copertura sanitaria grazie all’istituzione di una riserva di assicurazioni ad alto rischio (high-risk insurance pool). I premi per tali polizze saranno stabiliti in modo standardizzato, avendo come modello una popolazione di base e con un tetto di spesa per singoli individui e per famiglie aumentato rispetto alla pratica corrente.
2) A partire dal 2014, nel caso di indigenti minori di 65 anni — sia singoli (con reddito minore di 14.400 dollari annui) sia famiglie di quattro persone (con reddito minore di 29.327 dollari annui) — le cure sanitarie saranno accessibili mediante Medicaid.
3) A partire dal 2014, nel caso che il proprio datore di lavoro non offra un’assicurazione sanitaria, e il livello di reddito non consenta di accedere a Medicaid sarà possibile acquistare una polizza tra quelle disponibili nei singoli Stati in regime competitivo.
4) A partire dal 2014, sono stabilite pene pecuniarie, graduate a seconda del reddito, per coloro che sono senza assicurazione sanitaria, ma con alcune eccezioni: indiani americani, chi fa obiezione di coscienza per motivi religiosi, chi si trova in difficoltà economiche.
Nel caso si abbia già un’assicurazione sanitaria — personale, tramite il datore di lavoro, mediante Medicare o grazie a Medicaid — è possibile mantenere il piano di cui si dispone o, a partire dal 2014, eccetto nel caso di Medicare e Medicaid, è possibile scegliere tra i piani che saranno offerti dai vari Stati. Per coloro che dispongono di salari elevati (più di 200.000 dollari annuali per singoli e più di 250.000 dollari per famiglia) vi sarà un aumento delle tasse (dall’1,45% al 2,35%). A partire dal 2018, le polizze più costose, e che offrono maggiori benefici (i piani detti Cadillac), saranno soggette a una tassa aggiuntiva.
Per i cittadini che dispongono di Medicare vengono introdotti cambiamenti che includono un controllo sanitario annuale gratuito e la gratuità di molte indagini per fini di prevenzione e di screening. Tra i vari modi in cui i cittadini vengono favoriti, un esempio emblematico riguarda la spesa per i farmaci prescritti. Esiste un intervallo nel rimborso (detto «buco nella ciambella»: donut o doughnut hole). Raggiunto tale intervallo di spesa annuale non si ha più diritto al rimborso, che però viene nuovamente applicato se si raggiunge il limite superiore dell’intervallo (del «buco»). A partire da ora, e progressivamente, la riforma stabilisce forme di sostegno economico (ad esempio, rimborsi e sconti per farmaci generici) che mitigano l’effetto di tale «buco». Nel 2020 il doughnut hole verrà eliminato.
Se si dispone di Medicaid, i cambiamenti dipenderanno dalle politiche dei singoli Stati, che per ora risentono negativamente della crisi economica. La riforma prevede incentivi economici per medici, con l’obiettivo di inserire un numero maggiore di medici nel programma Medicaid, aumentando così le possibilità di scelta dei cittadini. A partire dal 2011, l’Amministrazione federale finanzierà servizi preventivi e, tramite gli Stati, offrirà incentivi per promuovere i Centri di salute comunitari e le cure domiciliari e/o ospedaliere a vantaggio di malati cronici e disabili.
La riforma comprende anche norme che riguardano le imprese assicurative: a partire dal mese di settembre 2010, non sarà più possibile negare polizze assicurative a clienti in cui, tra i familiari, vi siano bambini con una malattia preesistente, né sarà più possibile disdire una polizza se un cliente si ammala; inoltre, i figli possono restare nel piano assicurativo dei genitori fino a 26 anni, eccetto quando essi dispongano di un’assicurazione sanitaria fornita dal loro datore di lavoro. A partire dal 2014, le assicurazioni non potranno rifiutarsi di assicurare a motivo della malattia di cui si è affetti, né fissare prezzi più alti a motivo del sesso (attualmente le polizze sono più costose se si è donna) o nel caso di varie malattie. Ogni piano dovrà includere un minimo di benefici stabiliti dall’Amministrazione federale, fra cui servizi preventivi gratuiti.
Infine, vi sono norme che riguardano i datori di lavoro. Già da quest’anno, le piccole imprese riceveranno sgravi fiscali se offrono un’assicurazione sanitaria ai loro dipendenti (se un datore di lavoro paga la metà del premio per i suoi dipendenti riceverà un credito pari al 35% del contributo versato). A partire dal 2014, le piccole imprese potranno scegliere tra le assicurazioni sanitarie disponibili sul mercato esistente in ogni Stato, con ulteriori sgravi fiscali. Imprese con più di 50 dipendenti che non offriranno un’assicurazione sanitaria ai loro dipendenti dovranno pagare pene pecuniarie.
In sintesi, la riforma interviene con gradualità senza modificare radicalmente il sistema esistente centrato sull’assicurazione sanitaria e sui servizi che essa prevede. I cambiamenti sono volti a tutelare i cittadini, dal punto di vista sia sanitario (fra cui la maggiore prevenzione) sia economico. Inoltre, fin da ora incentivi economici sono offerti alle piccole imprese, e vengono eliminate varie pratiche assicurative discriminatorie. In tal modo, l’assicurazione sanitaria è resa più accessibile offrendo sgravi fiscali alla classe media, numericamente maggioritaria nel panorama sociale statunitense, riducendo i costi delle polizze sanitarie per svariati milioni di famiglie e per piccoli proprietari.
Nei mesi scorsi le difficoltà economiche hanno spinto un numero crescente di cittadini e di piccole imprese a disdire le polizze per la difficoltà a sostenere l’aumento dei premi causato, a sua volta, dalla riduzione di numero di clienti e dall’esigenza delle imprese assicurative di garantirsi i ricavi. La riforma ha interrotto tale spirale. Si stima che per milioni di americani le spese sanitarie saranno più sostenibili, allontanando lo spettro della bancarotta economica delle famiglie per motivi sanitari, purtroppo non infrequente nella società statunitense, specialmente in periodi di crisi economica. Quando la riforma sarà interamente attuata ci si attende che il 95% dei cittadini disporrà di assicurazione sanitaria.
Riflessioni
Una prima riflessione riguarda la realtà politica. Per chi ha a cuore il bene comune dei cittadini più bisognosi e dell’insieme del Paese, e per chi è convinto che la promozione e la tutela della salute siano beni preziosi per le singole nazioni e per l’intera umanità, è fonte di preoccupazione notare il grado di divisione e di contrapposizione politica e partitica che si è cristallizzato durante i mesi di dibattito che hanno preceduto la riforma. In particolare, sorprende la monolitica contrapposizione del Partito Repubblicano, soprattutto ricordando che in tale area politica, nel recente passato, maturarono proposte innovative e progetti concreti volti a offrire copertura sanitaria a tutti i cittadini. Tale divisione politica e partitica è emblematica delle separazioni esistenti negli Usa e delle profonde disuguaglianze sociali. La riforma è, quindi, ancora più importante perché essa costituisce un passo ulteriore verso una maggiore giustizia sociale, indicando un cambiamento di tendenza rispetto all’attuale sistema che domina il sistema sanitario. Si tratta di approfittare pienamente di tale svolta e di consolidarla quanto più possibile e nel modo migliore.
Soffermarsi soltanto su tale contro-testimonianza politica sarebbe parziale e demotivante. I mesi precedenti l’approvazione della riforma sono stati segnati dall’impegno di coloro che hanno creduto nell’esigenza di vararla, senza lasciarsi fermare dai molti ostacoli politici. Ricordare tale coinvolgimento rafforza la fiducia che l’impegno per la giustizia e la trasformazione della società sono possibili.
Un secondo ambito di riflessione concerne le scelte di fondo operate dalla riforma sanitaria. L’attuale riforma, estesa e complessa, richiede di essere attuata, e due scelte operate riteniamo ne possano facilitare non solo l’applicazione, ma anche il successo. La prima scelta è la gradualità nell’operare cambiamenti. Per modificare il sistema si è scelto di intervenire in modo progressivo, a piccoli passi: alcuni attuati subito, altri nei prossimi mesi, altri nel prossimo anno, altri ancora tra quattro anni e, infine, alcuni tra dieci anni. Il motivo sembra essere evitare cambiamenti troppo rapidi con conseguenze negative per i cittadini e per l’intero sistema sanitario, ma anche permettere subito, a cittadini in difficoltà e a piccoli proprietari, di sperimentare alcuni benefici concreti.
La seconda scelta operata riguarda la fluidità nelle modalità di attuazione di vari punti della riforma, ad esempio affidando ai singoli Stati la responsabilità di creare mercati competitivi di assicurazioni sanitarie e di realizzare progetti pilota sulla scia di quelli che attualmente hanno successo in vari Stati. Tale fluidità consente di verificare quali sono le soluzioni migliori che occorre favorire, sia nel fornire cure, sia nel contenere l’aumento dei costi. È motivo di rammarico il fatto che parecchi Stati, invece di iniziare a mettere in pratica quanto la riforma richiede ai singoli Stati a vantaggio dei cittadini, smentendo così la presunta centralizzazione federale, hanno invece scelto di opporsi alla riforma e di contestare la legge, venendo meno, secondo molti, alla responsabilità prima di servire gli interessi dei cittadini.
Una terza riflessione concerne l’efficacia della riforma nell’affrontare i molti aspetti problematici del sistema sanitario statunitense. Permetterà a tutti i singoli cittadini, alle famiglie e alle imprese di disporre di assistenza sanitaria di qualità a costi accessibili? Inoltre, consentirà di contenere o anche soltanto di rallentare i costi crescenti dei servizi sanitari — problema di fondo che assilla e preoccupa ogni Paese del mondo —, evitando il tracollo economico, o la riduzione dei servizi sanitari offerti ai cittadini, o la loro qualità? L’Ufficio del Bilancio del Congresso ha dato parere positivo, stimando ragionevoli sia le spese globali nel prossimo decennio, sia l’entità delle entrate che deriveranno dalle nuove tasse e dalle riduzioni di spesa in Medicare e in Medicaid. Al di là di tali stime e dell’importanza che ad esse si assegna, possiamo ribadire che il contenimento dei costi e l’impegno a fornire le migliori cure sanitarie a tutti i cittadini restano impegni etici e politici prioritari. Con il procedere degli anni occorrerà valutare come la riforma attui tali priorità, migliorandola con opportuni aggiustamenti e integrandola con altre riforme. In tal senso, l’attuale riforma costituisce un inizio dovuto e atteso. Da qui, ora occorre procedere per favorire una maggiore giustizia, ricordando che il sistema sanitario è un indicatore che consente di «misurare» il livello di giustizia esistente a livello sociale.
Una quarta riflessione riguarda il ruolo svolto dai cattolici statunitensi. Sin dal 1919 la Chiesa cattolica statunitense ha affermato l’urgenza che «lo Stato provveda a garantire in modo comprensivo un’assicurazione contro la malattia […]». Su questo sfondo si inserisce l’impegno costante per la promozione della giustizia sociale, accentuatosi — anche in termini di visibilità — nei decenni recenti, contro l’aborto e a favore della tutela della vita umana dal suo inizio alla sua fine. In particolare, i vescovi statunitensi sono intervenuti nella fase di redazione dei progetti di legge sia nel Congresso sia nel Senato, ottenendo le garanzie desiderate nel documento votato dal Congresso, ma non con uguale soddisfazione nel documento votato dal Senato, che è servito da punto di riferimento per la riforma. In un comunicato stampa diffuso il 15 marzo 2010, pochi giorni prima del voto, il card. Francis E. George, presidente della Conferenza dei vescovi statunitensi, ha affermato che «i difetti [del progetto di riforma] sono così fondamentali che viziano il bene che la legislazione intende promuovere. Le rassicurazioni che le obiezioni morali alla legislazione possono essere accolte soltanto dopo che la legislazione venga approvata […]» sono state rifiutate perché ritenute non convincenti. Tale reazione del card. George e, con lui, dell’intera Conferenza dei vescovi, è stata determinata dai possibili cambiamenti riguardanti l’aborto e, in particolare, l’eventuale modifica della situazione esistente che non prevede la destinazione di denaro federale per tali fini.
Le assicurazioni politiche fornite in proposito sono state invece ritenute sufficienti da uno dei membri del Congresso noto per il suo costante impegno pro-vita, il democratico B. T. «Bart» Stupak. L’interpretazione di quanto il testo di legge consentiva era dibattuta, ma per eliminare ogni ambiguità il presidente Obama si impegnò a firmare un ordine esecutivo chiarificatore a seguito dell’approvazione della riforma. Ottenuta tale garanzia, e ritenendola sufficiente, l’on. Stupak contribuì in modo determinante al raggiungimento della maggioranza necessaria per approvare il testo. La presa di posizione pro-vita di Stupak, ma con modalità che gli consentirono di non compromettere l’approvazione della riforma sanitaria, fu favorita anche da tre altre prese di posizione cattoliche.
Il primo intervento, l’11 marzo 2010, fu di suor Carol Keehan, presidente dell’Associazione Cattolica per la Salute (Catholic Health Association) che rappresenta 1.200 tra sponsors, sistemi, ospedali, centri di lunga degenza e organizzazioni cattoliche operanti nell’ambito sanitario. Rivolgendosi ai membri del Congresso e ai senatori in una lettera aperta, suor Keegan ricordò che la riforma sanitaria è «un imperativo morale» e suggerì una serie di «correzioni», fra le quali l’affermazione che la legislazione «non consenta finanziamenti federali per l’aborto». Il secondo intervento, il 14 marzo 2010, fu di suor Simone Campbell, direttore esecutivo di NETWORK, la lobby cattolica per la giustizia sociale. Suor Campbell ribadì l’importanza della legislazione in discussione per promuovere la giustizia sociale, senza nasconderne i limiti e la necessità di migliorarla ulteriormente. Il terzo intervento fu la lettera aperta del 17 marzo 2010 di un gruppo di religiose appartenenti a NETWORK, rappresentanti di molte congregazioni religiose femminili che, negli Stati Uniti, contano 59.000 membri, fra cui molte impegnate nell’ambito sanitario. Anch’esse chiesero ai membri del Congresso di approvare la riforma sanitaria in discussione per promuovere la necessaria giustizia sociale e per offrire servizi sanitari ai milioni di cittadini che non ne dispongono.
Oltre alla novità di una «voce» femminile impegnata socialmente ed ecclesialmente, la discussione che ha accompagnato il cammino della riforma nei mesi scorsi ha mostrato quanto sia possibile rintracciare, a vari livelli nella realtà ecclesiale contemporanea, la comune e condivisa determinazione che la dottrina sociale della Chiesa cattolica sia all’avanguardia nel chiedere un impegno consistente e prolungato per la giustizia e una chiara opzione preferenziale per i più poveri. Quando però si tratta di tradurre questa ferma determinazione — evangelicamente fondata, teologicamente consolidata e magisterialmente promulgata —, si riscontrano diversità circa le modalità di attuazione di tale impegno profetico.
Il 24 marzo 2010, all’indomani della riforma, il presidente Obama firmò l’ordine esecutivo promesso, mostrando di aver accolto quanto indicato dal card. George e mantenendo fede all’impegno assunto nei confronti dei cattolici, fra cui molte suore coinvolte in ambito sanitario e l’on. Stupak, che chiedevano sia di approvare la riforma, sia maggiori garanzie in essa circa la problematica dell’aborto. Sembra così confermato l’approccio che ha scelto di fare tutto il possibile per ottenere l’approvazione della riforma sanitaria senza venir meno al rispetto della vita nascente.
Il card. Daniel Di Nardo, presidente della Commissione episcopale statunitense per le attività pro vita, ha spiegato che la riforma «rappresenta un importante passo avanti sulla strada verso la copertura sanitaria di tutti gli americani, ma è profondamente manchevole per quanto riguarda il trattamento dell’aborto, i diritti di obiezione di coscienza, e nei confronti degli immigrati». Egli ha auspicato che il Congresso appoggi un provvedimento bipartisan che rimedi agli errori riguardanti aborto e obiezione di coscienza contenuti nella riforma approvata.
Conclusione
La salute è un diritto che consente di tutelare e di promuovere la dignità umana. Riformare il sistema sanitario, coinvolgendosi in prima persona per andare incontro nel modo migliore ai bisogni di salute di milioni di persone nel mondo — in particolare poveri, migranti e rifugiati —, è al centro delle preoccupazioni cristiane e cattoliche sin dai tempi evangelici e lungo l’intera storia del cristianesimo.
Dal punto di vista etico-teologico, l’esistenza e il rafforzamento di un sistema sanitario efficiente, in grado di tutelare la salute dei cittadini e della nazione, è un bene impagabile, segno di civiltà, di umanità e di giustizia, di cui beneficia sia la popolazione esistente, sia ogni generazione futura. Negli anni recenti, vari eventi sanitari di tipo epidemico hanno coinvolto l’umanità globalmente e hanno accresciuto la consapevolezza che la salute è un bene individuale ma, nello stesso tempo, comune, che ci riguarda tutti, dappertutto. Negarlo, ritenendo che si possa trascurare di occuparsi del miglioramento delle condizioni di salute di tutti i cittadini, senza escludere nessuno, rivela una cecità colpevole che ha ripercussioni globali di tipo sanitario, etico, economico, politico e anche a carico della sicurezza. Inoltre, non va dimenticato che la salute non è un bene a sé stante. Al contrario, è inseparabile dagli altri beni che fanno parte di una visione integrata della persona e della società, quali la libertà sociale e religiosa, l’abitazione, l’educazione, il lavoro, le condizioni igieniche abitative e sociali, i servizi, i trasporti, la sicurezza, la tutela dell’ambiente e la qualità di vita nell’ambiente, la disponibilità e la qualità dell’acqua e del cibo, l’assenza di barriere architettoniche, la possibilità di culto.
Riflettere sul sistema sanitario, e su quanto esso richiede, esige che ci si interroghi innanzitutto sull’insieme della sua struttura, per migliorarla quanto più possibile. «Struttura» indica sia la presenza di servizi sanitari sul territorio, sia la qualità di tali servizi, sia i loro costi e i modi in cui essi incidono sui bilanci dei singoli, delle famiglie e dell’intera nazione, valutando quali benefici, in termini di salute, consentono di raggiungere. Tale attenzione strutturale-organizzativa-gestionale è necessaria ed è dovuta, in nome della giustizia e per la promozione della dignità umana. Inoltre, a livello delle singole nazioni, un sistema nazionale efficiente e con costi controllabili e sostenibili nel breve e nel lungo periodo è motivo di orgoglio, indicando una notevole capacità di pianificazione, di organizzazione e di gestione in un contesto sociale e sanitario i cui costi sono in continua ascesa per una serie molteplice di fattori (fra cui il miglioramento delle generali condizioni di salute lungo tutto l’arco della vita, l’innalzamento dell’età media e dell’aspettativa di vita, le migliori capacità diagnostiche e le più efficaci terapie disponibili). Infine, un sistema sanitario di eccellenza contribuisce a tutelare l’ambiente, preservandolo e garantendone la qualità.
Tale attenzione alla struttura, pur essenziale, non è però sufficiente. Bisogna interrogarsi anche sulla qualità delle relazioni tra il cliente/paziente e il medico (e ogni figura professionale che opera nella sanità), vegliando a che siano relazioni virtuose in grado di promuovere tutti gli operatori morali coinvolti. Perdere di vista le persone, nei loro bisogni di salute, nella vulnerabilità e fragilità che vivono, tradirebbe l’essenza stessa della sanità e della promozione integrale della salute della persona e della società in ogni età, contesto e condizione. Ciò può chiederci di imparare meglio a utilizzare con sobrietà le risorse che il sistema sanitario mette a nostra disposizione, guidati non solo da motivazioni di risparmio economico — nei nostri bilanci personali, familiari e sociali —, ma con una sempre maggiore capacità di valutare quali procedimenti diagnostici e quali trattamenti terapeutici siano richiesti e quali siano eccessivi o inappropriati e non giustificabili, né dal punto di vista sanitario, né da quello etico 26.
La sfida etica è impegnativa e appassionante, e tante persone di buona volontà, motivate e competenti, con umiltà, con spirito di collaborazione e con sacrificio affrontano quotidianamente questa sfida per riformare non solo il sistema sanitario statunitense, ma ogni sistema sanitario, rendendoli sempre più efficienti sotto tutti i punti di vista, centrandoli sulla promozione della dignità della persona e la giustizia, l’attenzione ai migranti e ai rifugiati e la tutela dell’ambiente. L’aver realizzato una riforma storica rafforza tale impegno, alimentando nuove speranze e generando uno slancio rinnovato per il bene comune e a vantaggio di chi è più bisognoso.